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raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972

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IL PRESUNTO FALSARIO BERNARDO DE DOMINICI<br />

ENZO DI GRAZIA<br />

Allo studioso dell’arte punto da vaghezza di esaminare da più presso i caratteri della<br />

Scuola Napoletana del Settecento un grosso problema si pone, immediato e<br />

pregiudizie<strong>vol</strong>e: la definizione di attendibilità dell’unica valida fonte di prima mano<br />

relativa a quel periodo, vale a dire dell’opera del biografo Bernardo De Dominici 1 .<br />

Impegnandosi in un lavoro arduo quanto necessario, considerata la scarsità di trattazioni<br />

relative all’arte meridionale, il De Dominici si propose, in tre nutriti <strong>vol</strong>umi, di colmare<br />

quella lacuna riesaminando le vicende della storia dell’arte napoletana dall’età greca ai<br />

suoi giorni. L’impegno era apertamente apologetico, essendo nelle intenzioni dell’autore<br />

di dimostrare la superiorità dell’arte partenopea su quella delle altre regioni italiane e,<br />

per alcuni casi, la precedenza cronologica di alcune forme e sperimentazioni. La<br />

narrazione aveva come punto di riferimento preciso due lavori inediti: un Discorso<br />

incompleto del pittore Marco del Pino da Siena e le Memorie di un notaio Crisconius<br />

(identificato poi col notaio Gio. Angelo Criscuolo, fratello del pittore Filippo<br />

Criscuolo), compilate tra il 1565 e il 1570, che il De Dominici afferma di aver letto<br />

nella biblioteca Valletta.<br />

All’epoca della sua prima apparizione l’opera del Nostro fu accolta con molto favore, e<br />

per lungo tempo rimase in grande fama in primo luogo perché costituiva un punto di<br />

riferimento fondamentale per la storia del Napoletano e dell’arte napoletana in<br />

particolare; in secondo luogo perché, improntata appunto a quello spirito campanilistico,<br />

rivalutava alcune figure di artisti che, fino a quel momento, erano risultate pressoché<br />

ignorate. L’opera fu ristampata in quattro <strong>vol</strong>umi nel 1844 e questa riedizione scatenò, a<br />

dir poco, un vero putiferio di polemiche quanto mai aspre, nell’atmosfera di nuovo<br />

orientamento scientifico che si era instaurata nel frattempo; e quel putiferio fu tale che<br />

finì col tra<strong>vol</strong>gere e col far condannare in blocco, e in maniera categorica, tutta l’opera<br />

del De Dominici. La ristampa di quel lavoro fu <strong>vol</strong>uta dal principe Antonio Statella del<br />

Cassero e fu affidata alla tipografia Trani con una prefazione del nobile personaggio,<br />

nella quale erano ripresi e messi bene in evidenza quei motivi campanilistici e polemici<br />

che avevano animato la stesura dell’opera stessa 2 . In particolare, il principe del Cassero<br />

esaltava il sentimento patrio del De Dominici, contrapponendolo alla parzialità del<br />

Vasari nei confronti degli artisti partenopei, e l’attendibilità <strong>storica</strong> documentata<br />

attraverso il riferimento <strong>dei</strong> brani della memoria del notaio Criscuolo.<br />

Contro questo rilancio dell’opera del De Dominici tuonò la voce di Luigi Catalani 3 il<br />

quale, ponendo il discorso sulla base di una critica positiva, scosse per primo la fama di<br />

cui l’autore aveva goduto per quasi un secolo. Le accuse del Catalani, che sar<strong>anno</strong> poi<br />

sostanzialmente le stesse su cui insisterà quasi tutta la critica fino ai nostri giorni,<br />

riguardano massimamente la «fa<strong>vol</strong>osità» della narrazione del De Dominici,<br />

specialmente per quanto riguarda i protagonisti più antichi dell’arte napoletana. Al noto<br />

biografo si contestava, in particolare, di aver fatto uso, e dato credito troppo<br />

frequentemente, delle tradizioni aneddotiche e fantasiose che si intrecciavano intorno<br />

alla loro figura e si rilevava anche che di alcuni artisti non si trovava traccia altrove, fuor<br />

che nella sua opera. In effetti, l’atteggiamento di netta ripulsa nei suoi confronti<br />

scaturiva dal clima nuovo di ricerca documentaria che in quel tempo si andava<br />

affermando; e appunto sulla necessità di fare storia scientifica e non romanzata insisteva<br />

1<br />

DE DOMINICI BERNARDO, Vite <strong>dei</strong> pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli, 1742.<br />

2<br />

Idem, Napoli, 1844.<br />

3<br />

Discorso sui monumenti patrii, Napoli, 1842.<br />

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