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raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972

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perché meno sofferta e più istintiva. L’entusiasmo per il passato riscalda le velate<br />

speranze del presente; l’ardita, immaginosa fantasia, rende quasi plastico il primo <strong>vol</strong>o<br />

dell’aquila sotto i raggi del sole o le furiose scie <strong>dei</strong> fulmini che s’avventano su di un<br />

mare senza requie. Con un ritmo nettamente antistrofico, fa riscontro la scena <strong>dei</strong> monti<br />

coronati di alberi, su cui germoglia il ramoscello della pace affinché i pastori pascolino,<br />

liberi, i greggi all’ombra degli alberi e tra le riposanti armonie delle zampogne. Tra i<br />

frutti della pace sarà l’intensificarsi <strong>dei</strong> traffici che, nel calmo ed ampio porto del Pireo,<br />

farà rivivere le pacifiche attività del commercio in uno sfondo di vita operosa e<br />

tranquilla.<br />

Il trapasso dal turbine ri<strong>vol</strong>uzionario alla placida affermazione di un impero naturale ed<br />

umano costituisce il crudo sogno del poeta; di qui l’entusiastico «Salve, o Ellade, cura<br />

degli Olimpei» che ritrova il suo posto nell’inno alla bellezza ed all’armonia. Il<br />

sentimento della paura è ormai lontano poiché il senso della libertà, come una <strong>vol</strong>ta<br />

centuplicò la forza <strong>dei</strong> Maratoneti e quella <strong>dei</strong> Trecento di Leonida alle Termopili e<br />

soffuse di gloria le onde di Salamina, di nuovo, anche oggi, diventa alto grido che il<br />

vento diffonde lontano, mentre racconta di immortali vittorie. L’ansia di pace<br />

connaturata nell’uomo, anche se soggetta agli attacchi <strong>dei</strong> parassiti del lavoro altrui,<br />

rimarrà per sempre valida ed inalterata; il cadavere dello sfruttatore sarà il trofeo più<br />

alto di una umanità in cammino verso una vita serena.<br />

L’esemplificazione <strong>dei</strong> fuchi che all’assalto delle arnie vengono annientati dalle api, e<br />

quella <strong>dei</strong> cani che osano attaccare proprio nella sua tana il leone, che a sua <strong>vol</strong>ta con un<br />

solo colpo di zampa li pone in fuga, sono l’augurio e la romantica speranza che nel<br />

trionfo della ragione si ripeta quella pacificazione universale che si ebbe con Carlo<br />

Magno e che, in epoca ancor più remota, Virgilio auspicava si attuasse attraverso<br />

l’imperio di Roma.<br />

In questo frammento la moda, la scuola e gli avvenimenti non h<strong>anno</strong> ancora alterato<br />

l’originale personalità del poeta, il quale in composizioni successive si mostrerà più<br />

travagliato e sofferto. Infatti, confrontando questo frammento con il resto della<br />

produzione kalviana, possiamo dire che la ta<strong>vol</strong>ozza e i colori del Kalvo rimangono<br />

sempre sensibilmente gli stessi; anche se il poeta non è sordo a vari influssi stilistici,<br />

specie quando maggiore è l’impegno e la solennità del verso. Che dire, poi, di un’etica<br />

del Kalvo? E’ quella di un insoddisfatto che, nell’ansia di dividere il passato, si illude di<br />

vivere il suo mondo poetico: egli è, ormai disperato, di fronte ad una realtà che tenta di<br />

distruggere, creando una sua realtà dell’ideale.<br />

Frammento dell’ INNO A NAPOLEONE<br />

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />

<strong>dei</strong> cento spumeggianti burroni,<br />

ma quando il tempo darà loro la forza<br />

delle grandi ali e il padre mostrerà loro<br />

le spaziose vie dell’aria<br />

che v<strong>anno</strong> verso gli occhi del sole,<br />

dall’alto guarder<strong>anno</strong> senza paura<br />

gli arrabbiati fulmini che battono<br />

l’agitato mare.<br />

Degli avi, beato giorno,<br />

come un baleno <strong>dei</strong> passato. «Non schiavi<br />

ma figli miei» gridava il Magnanimo<br />

e la gioia <strong>dei</strong> popoli e l’ardore<br />

di Andrea Kalvo<br />

f. 25 r.<br />

5<br />

10<br />

84

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