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raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972

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già sulla china della sua parabola, egli si vide costretto a vendere Castro Novi, e poco<br />

più tardi - nel 1525 - il castello di Cerro, a Manfredino de Bucchis, napoletano (come<br />

rilevasi dal cinquantennale processo intercorso tra l'Abbate Commendatario di S.<br />

Vincenzo e i baroni della Badia).<br />

Alla morte di Manfredino il castello passò per eredità ai suoi figli Tiberio, Giacomo e<br />

Vincenzo. Ma il conte Pandone, ancora vivo e non <strong>rassegna</strong>to alla sorte che ormai lo<br />

condannava per sempre, tentò, tre anni più tardi, di riacquistare i perduti beni,<br />

ostentando falsi diritti; i creditori però lo attaccarono subito di nullità ed espropriarono<br />

tutte le sue proprietà, dividendole poscia tra diversi compratori.<br />

Miglior sorte non toccò al castello, che nel 1581 era in possesso della baronessa Vittoria<br />

Frascati, nel '92 di Francesco Serrano e nel '95 era in mano di D. Lucrezia Tomacella; la<br />

quale, a sua <strong>vol</strong>ta, lo vendette dieci anni dopo a D. Giulio Grazia, col patto della<br />

ricompera. Perciò, nel 1606 il castello era di nuovo in potere di Donna Lucrezia,<br />

baronessa di Cerro, duchessa di Tagliacozzo, principessa di Paliano, marchesa d'Atessa<br />

(come attesta la lapide posta sull'ingresso principale del maniero), nonché moglie di<br />

Filippo Colonna, discendente da quel celebre Marcantonio, che nel 1571 aveva<br />

comandato a Lepanto la vittoriosa flotta di Pio V contro i Turchi. Dalla corona di questa<br />

altera signora, carica di titoli e di onori, il castello passò al figlio Federico e nel 1648 a<br />

Marcantonio Colonna, duca di Tagliacozzo.<br />

Poi, nei secoli che seguirono, quasi di ventennio in ventennio, nuovi padroni si<br />

successero nell'ambito possesso: scialbe figure, vaghe comparse che si alternarono<br />

fugacemente sulla scena, aggrappate allo scoglio del castello per non naufragare nel<br />

pelago dell'oblio; ma non lasciarono alcuna traccia nella storia.<br />

Da un istrumento redatto nel dicembre 1828 sappiamo infine che il duca Francesco<br />

Carafa vendette terreni, censi e castello a Giovanni Lombardi.<br />

Nel 1925, per conservare la magnifica mole, che minacciava di franare sul paese<br />

accoccolato ai piedi della rupe, il Governo provvide a rinforzarne tutt'attorno le basi con<br />

solide muraglie di cemento. Ora è lì, quel maestoso castello, tipico per costruzione e per<br />

bellezza, circondato di ulivi, sullo sfondo sereno <strong>dei</strong> monti, non più nido dell'idra<br />

feudale, ma ricordo di tempi remoti.<br />

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