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fenomeni di dissesto geologico - idraulico sui versanti

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DISSESTI DOVUTI ALLA GRAVITÀ<br />

concomitanza <strong>di</strong> un evento meteorico cospicuo, non necessariamente intenso,<br />

successivo a un lungo periodo piovoso.<br />

Le attività antropiche, in relazione alle caratteristiche del contesto in cui vengono<br />

svolte, possono agire sia come cause innescanti sia come cause pre<strong>di</strong>sponenti;<br />

esse rappresentano cause non secondarie dell’instabilità dei <strong>versanti</strong>, per tale motivo<br />

nel presente volume la degradazione indotta da alcune attività umane (uso<br />

agricolo improprio, errata gestione dei boschi, pastorizia e attività estrattiva) è<br />

stata ampiamente descritta nel capitolo 2.<br />

La ricorrente e intensa attività sismica che interessa il nostro Paese può innescare,<br />

in concomitanza degli eventi più rilevanti, dei movimenti gravitativi. I terremoti<br />

che colpirono il Friuli nella primavera-estate del 1976 causarono l’attivazione<br />

e/o la riattivazione <strong>di</strong> numerose frane, ad esempio lungo i fronti pedemontani tra<br />

Artegna e Tenzone (UD) e Bordano (UD). Il terremoto del 23 novembre del 1980<br />

che colpì l’Irpinia e la Basilicata innescò <strong>di</strong>versi movimenti franosi, citiamo ad<br />

esempio quelli avvenuti nei comuni <strong>di</strong> Caposele, Senerchia, Calitri, Lioni (AV), San<br />

Giorgio La Molara (BN) e Callianello (PZ). Tra i <strong>fenomeni</strong> franosi avvenuti a seguito<br />

della crisi sismica che ha interessato l’Umbria e le Marche nel periodo settembre-ottobre<br />

1997, ricor<strong>di</strong>amo: lo scorrimento rotazionale <strong>di</strong> Annifo (PG), i<br />

numerosi crolli nei depositi <strong>di</strong> travertino presso Triponzo (PG) e quelli lungo le<br />

strade statali Valnerina e Casciana, in seguito ai quali, queste ultime, furono interdette<br />

al traffico per lungo tempo.<br />

Tra i fattori che possono innescare, in particolari circostanze, dei movimenti franosi ricor<strong>di</strong>amo<br />

il processo della liquefazione (inglese: liquefaction) che si verifica in seguito all’applicazione<br />

<strong>di</strong> una sollecitazione istantanea a terreni granulari (sabbie fini e limi saturi), poco addensati,<br />

in depositi naturali e artificiali. Sollecitazioni istantanee, applicate in con<strong>di</strong>zioni non<br />

drenate, comportano l’aumento improvviso della pressione neutra, quando questa eguaglia la<br />

pressione totale, avviene l’annullamento della resistenza al taglio e il collasso della struttura.<br />

Il processo <strong>di</strong> liquefazione, quin<strong>di</strong>, consiste nella temporanea trasformazione <strong>di</strong> masse solide<br />

<strong>di</strong> terreno in materiali allo stato <strong>di</strong> un fluido molto viscoso che tende a espandersi lateralmente<br />

(GISOTTI & BENEDINI, 2000).<br />

Rapide sollecitazioni <strong>di</strong>namiche possono essere prodotte sia da vibrazioni causate da eventi<br />

sismici o esplosioni, sia da un rapido innalzamento o abbassamento della superficie freatica.<br />

Qualora tale processo interessi del materiale posto su un versante acclive, può provocare lo<br />

spostamento verso valle del materiale stesso per effetto della gravità, generando frane per liquefazione.<br />

In questo caso il meccanismo e le caratteristiche del franamento sono molto simili<br />

a quelli dei colamenti lenti (VALLARIO, 1992).<br />

Nella tabella 1.3 sono riassunti i principali fattori che concorrono a pre<strong>di</strong>sporre e<br />

innescare i <strong>fenomeni</strong> gravitativi negli ambienti geologici e geomorfologici presenti<br />

nel territorio italiano.<br />

Per quanto riguarda la quantificazione della velocità dei <strong>fenomeni</strong> gravitativi si<br />

fa riferimento alla scala <strong>di</strong> intensità proposta da IUGS/WGL (1995) e successivamente<br />

ripresa da AMANTI et alii (1996), basata sulla velocità del movimento, alla<br />

quale si associa una scala dei danni prodotti proposta da MORGENSTERN (1985) e<br />

da CRUDEN & VARNES (1995). Le due scale sono riportate nella tabella 1.4.<br />

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