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Svar Numero 5 - Lettere e filosofia

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Leggere non è una perdita di<br />

tempo<br />

L<br />

eggere è una consuetudine che<br />

dovrebbe far parte della nostra cultura.<br />

Quando è nata la scrittura, nel lontano<br />

3000 a.C., l’uomo si è ritrovato a<br />

leggere per lo più per necessità, in<br />

quanto i primi pittogrammi erano nati<br />

esclusivamente per le esigenze amministrative e<br />

commerciali delle antiche civiltà che popolavano<br />

il nostro mondo. È quando la scrittura incominciò<br />

ad evolversi e ad essere utilizzata per fare arte che<br />

la situazione cambiò: gli uomini iniziarono a<br />

leggere per diletto o anche solo per istruirsi, ma la<br />

lettura non era un obbligo e sempre più spesso si<br />

tramutava in un’attività elitaria. Inoltre<br />

l’analfabetismo dilagava e affliggeva quella parte<br />

della popolazione mondiale che non aveva la<br />

possibilità di accedere all’educazione e che quindi<br />

non era capace di leggere e scrivere. Oggi, nel<br />

XXI secolo, si pensa che questo sia un problema<br />

ormai superato e pleonastico, in quanto quasi tutti<br />

hanno accesso all’istruzione. Eppure sempre più<br />

spesso in Italia assistiamo al cosiddetto<br />

“analfabetismo di ritorno”: secondo Tullio De<br />

Mauro, uno dei massimi linguisti italiani, il 71%<br />

della popolazione del nostro Paese «si trova al di<br />

sotto del livello minimo di comprensione nella<br />

lettura di un testo di media difficoltà1» . Detto<br />

altrimenti, la maggioranza degli italiani non legge.<br />

Eppure, in un certo qual modo, tutti leggiamo, tutti<br />

ci ritroviamo fra le mani la lista della spesa o le<br />

istruzioni per assemblare un mobile. Non basta,<br />

Magnelli Claudia<br />

però, “saper leggere” per essere lettori. È<br />

assodato che ciò che ci differenzia è l’approccio<br />

che abbiamo nei confronti della lettura e nei<br />

confronti del testo che ci ritroviamo fra le mani.<br />

C’è chi legge molto, quei cosiddetti “lettori forti”<br />

che fanno sopravvivere il mercato editoriale,<br />

altrimenti destinato alla rovina; e c’è chi legge<br />

poco o chi non legge del tutto, ovvero coloro che<br />

vivono questa pratica come una noiosa<br />

imposizione. Il dibattito tra quest’ultimi e i primi,<br />

che invece sostengono l’utilità e la bellezza della<br />

lettura, è ancora acceso e sembra non scemare.<br />

La mia tesi è che leggere dà esclusivamente<br />

benefici e che quindi sia un’attività indispensabile<br />

per la nostra persona. Romanzi e poesie<br />

rappresentano forse l’unica vera ancora di<br />

salvezza per quelle giovani generazioni che si<br />

ritrovano a vivere in un mondo ormai senza<br />

valori, come il nostro. La bellezza insita nello<br />

sfogliare i vecchi classici che hanno fatto la nostra<br />

storia o i nuovi romanzi dalle copertine sgargianti<br />

che catturano la nostra attenzione sugli scaffali<br />

delle librerie, va ben oltre l’utilità che leggere ha<br />

per le nostre vite; un’utilità che per alcuni forse<br />

appare ovvia, ma che per altri non è poi così<br />

innegabile. Ma la poesia, l’armonia che si viene a<br />

creare tra il lettore e la storia narrata o tra il lettore<br />

e i personaggi che prendono vita sotto i suoi<br />

occhi, non ha eguali. I vantaggi della lettura sono<br />

quindi molteplici: ci arricchisce come persone,<br />

alimenta la nostra cultura, dà forma e contenuto

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