Svar Numero 5 - Lettere e filosofia
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insegnamenti cattolici ricevuti. La negazione<br />
dell’onnipotenza divina può essere da parte mia un<br />
bisogno di potere decisionale sulla mia vita.<br />
Occorre a questo punto un’ulteriore premessa:<br />
perché parlare di Dio?<br />
Potrebbe essere una conseguenza al fatto che è Egli<br />
a non parlare più, oppure al fatto che non ha mai<br />
mostrato il suo volto. Voler sentire la voce di<br />
Dio o volerne vedere il volto è l’equivalente di<br />
voler parlare di Lui; oggigiorno il bisogno è<br />
quello di trovare qualcuno che sappia dire cosa<br />
Dio è e cosa non è:<br />
> 6<br />
Dio non può essere onnipotente ed i primi ad<br />
affermarlo furono alcuni componenti del suo<br />
“popolo prediletto”, mi riferisco ovviamente agli<br />
Ebrei. È dalla voce ebraica che si erge il grido<br />
contro il Signore della storia, quindi contro il<br />
Signore di Auschwitz. La tradizione tramandata<br />
cade in crisi, rimette in questione il concetto di Dio<br />
dopo l’esperienza dell’ Olocausto – e non poteva<br />
essere altrimenti- .<br />
Un’esperienza tanto devastante ha portato molti<br />
alla radicale conclusione che Dio non può esistere,<br />
tra questi Primo Levi, che dichiara in un’intervista:<br />
> 7<br />
Diversa ancora è la risposta di Elie Wiesel: ne “La<br />
notte” rievoca l’esperienza di Auschwitz ed il suo<br />
pensiero a proposito di Dio pare raccogliersi nel<br />
noto episodio dell’impiccagione di tre prigionieri<br />
tra cui un bambino:<br />
> 8<br />
Wiesel ripensa dunque il proprio concetto di Dio: il<br />
bambino che tace e che tarda a cedere alla morte<br />
diventa simbolo dell’impotenza di Dio, ovvero di<br />
assoluta impotenza sulla storia.<br />
Affine alla visione di Wiesel è quella di Hans<br />
Jonas. Anch’egli vittima dell’Olocausto,<br />
s’interroga sul Dio che la tradizione ha tramandato,<br />
dal momento che dopo Auschwitz non può Egli<br />
essere pensato e compreso con le categorie<br />
teologiche tradizionali.<br />
L’ebreo vede nella vita quotidiana e nell’al di qua il<br />
luogo della salvezza divina; perciò, sorge<br />
spontaneamente la domanda: >.<br />
È da questo punto di domanda che parte Jonas e<br />
risponde con un’obiezione all’illimitata potenza<br />
divina di carattere teologico; gli Ebrei attribuiscono<br />
a Dio tre qualità: bontà, comprensibilità ed<br />
onnipotenza.<br />
Dopo la Shoa, i tre attributi in questione sono –<br />
secondo Jonas – in rapporto tale che ogni relazione<br />
tra due di loro escluda il terzo. Bisogna quindi fare<br />
una scelta su quali siano i concetti veramente<br />
irrinunciabili.<br />
La bontà è inseparabile dal concetto divino e<br />
scaccia via ogni limitazione. La comprensibilità è<br />
un attributo certamente limitato, ma non può essere<br />
negata: il Dio nascosto è estraneo all’ebraismo, in<br />
quanto la Torah parte dal presupposto che noi<br />
possiamo – anche se in modo limitato – conoscere<br />
Dio. Jonas decide dunque di rinunciare all’<br />
onnipotenza di Dio:<br />