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Svar Numero 5 - Lettere e filosofia

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sua influenza caratterizzante e socialmente utile.<br />

Resta sempre un fattore cardine all’interno delle<br />

comunità, e generalmente si è fatta tramite di valori<br />

etici e morali in teoria positivi e adeguati al<br />

progresso.<br />

Punto di riferimento nei villaggi, nelle città o nelle<br />

province, la classe sacerdotale ha sempre rivestito<br />

un ruolo importante nella politica e nella direzione<br />

della cosa pubblica.<br />

Gli esempi sono tanti, e non solo di matrice<br />

cristiana: basti pensare al ruolo dei druidi nella<br />

“resistenza” anti-romana, condotta nel periodo<br />

delle conquiste galliche di Cesare; oppure<br />

all’autorità rivestita dagli imam, nelle recenti lotte<br />

politiche e sociali nei paesi arabi; ma anche alle<br />

capacità di influenza dei sacerdoti cattolici, a<br />

favore o contro il potere, ora nelle guerre di<br />

religione, ora nel confronto con altre culture, ora<br />

nella resistenza contro i regimi totalitari. Per intuire<br />

il livello capillare di diffusione e di presenza della<br />

religione, basta guardarsi attorno.<br />

Il culto diventa quindi un altro dei limiti che<br />

l’umanità utilizza per determinare sé stessa e il<br />

mondo che la circonda, attraverso l’edificazione di<br />

confini, di mura entro le quali muoversi e che si<br />

oppongono alla pluralità e mobilità della realtà<br />

esterna, categorizzando e regolamentando. La<br />

religione ha assunto, all’interno delle popolazioni<br />

di tutto il pianeta, connotati principalmente sociali<br />

ed è diventata a certi livelli una semplice<br />

imposizione precettistica. In questo senso, la<br />

differenziazione tra i vari culti religiosi spesso ha<br />

senso solo a livello teologico e tecnico-pratico; nel<br />

principio essi rimangono espressione di quella<br />

tensione ordinatrice che sorge spontaneamente<br />

nelle comunità umane.<br />

L’antropologo scozzese William Robertson Smith<br />

fu tra i primi a studiare la religione come fatto<br />

sociale; in Conferenze sulla religione dei semiti<br />

insistette sulla funzione accomunante del rito,<br />

individuando le basi della ricerca spirituale delle<br />

comunità umane in una “semplice” funzione<br />

socializzante. Addirittura Émile Durkheim, in Le<br />

forme elementari della vita religiosa, arrivò a<br />

sostenere che il culto è il modo che la società ha di<br />

venerare sé stessa (pur non teorizzando una forma<br />

di “sociolatria”, ma piuttosto una predominanza<br />

della dimensione sociale sull’individuo).<br />

Il punto centrale nel discorso non è quale teoria o<br />

dottrina si propugna, bensì l’utilizzo che l’uomo fa<br />

della materia spirituale. Quando non è il<br />

cristianesimo, può essere l’islam, o magari<br />

l’ebraismo, ma è chiaro che tendenzialmente la<br />

cultura umana porta la religione a essere<br />

principalmente fatto sociale e identificante.<br />

Ora, in quanto base dei rapporti comunitari, è<br />

chiaro che la religione può essere utilizzata per<br />

incanalare e condizionare le scelte delle grandi<br />

masse di credenti. Non è banale ricordare<br />

l’influenza che il Vaticano ha da decine di secoli<br />

sull’Europa (e non solo), né è banale accennare alla<br />

mole immensa di distruzione e morte che le guerre<br />

di religione hanno portato in tutto il pianeta.<br />

Se è vero che l’esigenza di rapporto col divino è<br />

propria di ogni uomo, chi più chi meno; se è vero<br />

che l’ignoranza - non solo delle dottrine -<br />

garantisce ampie possibilità di manipolazione; e se<br />

è vero che il culto ha un ruolo sociale (e perciò<br />

amministrativo) importante: allora è chiaro che,<br />

unendo l’utile al dilettevole, le grandi autorità<br />

religiose della storia hanno potuto indirizzare per<br />

fini prettamente economici e politici il proprio<br />

ruolo di intermediazione con la divinità, per<br />

garantirsi ulteriore potere e capacità di controllo.<br />

È assodato che molti aspetti del nostro approccio<br />

psicologico e umano al mondo sono influenzati da<br />

ciò che la cultura ecclesiastica ha propugnato per<br />

secoli.<br />

Come già detto sopra, un esempio è il concetto<br />

tutto religioso di “peccato” ; comportamenti<br />

scorretti da un punto di vista sociale e civile<br />

vengono deplorati non in quanto tali, appunto, ma<br />

perché peccato ed espressione di disubbidienza al<br />

divino. È giusto insegnare ad un bambino che non<br />

deve picchiare i compagni di scuola, non perché<br />

deve essere gentile e rispettoso con tutti, ma perché<br />

sennò poi Gesù è triste? È giusto fare l’elemosina<br />

ad associazioni assistenziali dalla onestà non<br />

verificata, solo per sentirsi in pace con sé stessi e<br />

con gli insegnamenti dati dal prete?<br />

Il senso di colpa è uno strumento fine ed efficace,<br />

che una volta inserito nei meccanismi mentali degli<br />

individui li può condizionare in maniera<br />

determinante. Utilizzato come mezzo di controllo,<br />

può arginare la libertà dei singoli semplicemente<br />

facendoli sentire male da sé per ciò che stanno<br />

facendo, anche se l’azione in sé non ha nulla di<br />

oggettivamente deprecabile.<br />

Per tornare all’esempio precedente, una persona

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