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Svar Numero 5 - Lettere e filosofia

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Partirei con Feuerbach: ne “L’essenza del<br />

Cristianesimo” esplica che il divino altro non è che<br />

una proiezione di quelle qualità umane che paiono<br />

essere perfette, ragione, volontà e cuore. Allora il<br />

divino è l’umano proiettato nell’aldilà ed adorato.<br />

18<br />

Nella trasposizione dell’uomo nella sfera del divino<br />

dovrà anche rientrare il desiderio di potenza che,<br />

assumendo connotati illimitati, non potrà che<br />

sfociare nella piena onnipotenza; tale è il desiderio<br />

dell’uomo: avere in pugno il potere e volgerlo a<br />

favore delle proprie intenzioni.<br />

Pascal porta avanti la dottrina del Deus<br />

absconditus, secondo cui Dio si manifesta e si<br />

nasconde al tempo stesso. La problematicità con<br />

cui Dio si mostra al mondo rende difficile anche<br />

solo l’affermazione che effettivamente esista, al<br />

punto che chi non crede potrà interpretare la natura<br />

razionalmente, senza il dovuto intervento di Dio,<br />

mentre chi crede vi vedrà con evidenza l’opera<br />

divina. Dice infatti: 19. È in effetti proprio<br />

questa una delle posizioni che più spesso mi capita<br />

di riscontrare in dialoghi a proposito dell’essenza di<br />

Dio: o ci credi, o non ci credi. Bisogna dunque<br />

affermare che se non si vede la mano di Dio sugli<br />

eventi allora Egli non c’è? Ma allora sarà più<br />

importante capire se –per ognuno di noi- avere fede<br />

sia un merito o un demerito. I pochi “eletti”<br />

avranno il coraggio di ammettere che Dio si<br />

nasconde anche dietro effetti catastrofici (che<br />

riconoscono come parte del progetto divino) e che<br />

questi siano un modo di metterci alla prova, di<br />

testare il dono della fede. La strada che ho invece<br />

intrapreso non prevede alcun test, ma una<br />

rivalutazione di Dio, che se non si manifesta più o<br />

se ci rende difficili da capire alcuni avvenimenti,<br />

allora vuole dimostrarci che sta mettendosi da<br />

parte, nascondendosi per lasciarci fare.<br />

Il Deus absconditus va a ritrarsi, abbiamo detto “si<br />

contrae”; è proprio nella contractio che Cusano<br />

riesce a vedere la presenza di Dio nel mondo, quasi<br />

fosse una ripresa dello tzimtzum. Cusano ritiene<br />

che Dio sia nel mondo, o meglio ancora: Dio si<br />

sarebbe individualizzato in una molteplicità di cose<br />

che fanno parte del nostro mondo; tale<br />

differenziazione di Dio porta Cusano a vedere tra<br />

Creatore e creato un rapporto di possibilità, ovvero<br />

una relazione tale che consenta a Dio di divenire e<br />

di poter essere. In questa lettura di Dio sparso nel<br />

mondo trova conferma l’idea che Dio partecipi<br />

all’esistenza, ma senza alcuna limitazione al corso<br />

che gli eventi potrebbero prendere, senza alcun<br />

limite alle strade che ciascuno vorrà percorrere.<br />

La visione rinascimentale rivendica il diritto<br />

dell’uomo a forgiare se medesimo ed il proprio<br />

destino nel mondo: Pico della Mirandola presenta<br />

l’uomo come libero e sovrano artefice di sé. È<br />

questa una netta frattura con l’ordine cosmico<br />

medievale, ora l’uomo deve necessariamente<br />

conquistare la propria dignità, diventare l’ homo<br />

faber che conquista il proprio posto nel mondo<br />

grazie alle sue virtù.<br />

Da secoli l’uomo si interroga sul perché<br />

dell’esistenza del male: in senso cristiano, il primo<br />

a cimentarsi sistematicamente su tale problema fu<br />

S. Agostino. Si Deus est, unde malum? Con la<br />

conversione al Cristianesimo la risposta al perché<br />

dei mali si rende ancora più urgente e drammatica,<br />

data l’inconciliabilità di piena bontà divina e realtà<br />

del male. S. Agostino risolve l’interrogativo col suo<br />

noto ottimismo teologico: il male –in ultima<br />

analisi- non esiste. Il male non può esistere perché<br />

se globalmente considerato entra a far parte di una<br />

totalità che di per sé è bene. Difficile prendere per<br />

buona una soluzione del genere dopo secoli<br />

scanditi da guerre e persecuzioni (S. Agostino non<br />

poteva prevedere i mali che si sarebbero susseguiti<br />

in 1600 anni dalla stesura delle sue Confessioni).<br />

Trovo molto più accettabile la posizione di S.<br />

Agostino che precede la negazione del male, in cui<br />

ragiona sull’incorruttibilità di Dio. Se si accetta<br />

l’esistenza del bene così come l’esistenza del male,<br />

allora Dio non può essere incorruttibile, in quanto<br />

potrebbe subire l’offesa del male. In tal senso, la<br />

corruttibilità di Dio è da intendere come sensibilità<br />

a mali che non può reprimere. S. Tommaso<br />

attribuisce l’esistenza di tali mali capaci di nuocere<br />

a Dio al libero arbitrio dell’uomo, che ci porta<br />

potere decisionale, oltre che piena responsabilità<br />

delle nostre azioni.<br />

Ho deciso di concludere la mia trattazione<br />

rifacendomi all’icona di Rublev, la Trinità.

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