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THESAURUS LITTERARUM LITTERARUM - AbleMedia

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M. Furio Bibàculo<br />

cap. III - I poetae novi (o neoteroi) - I poeti avanguardisti latini 27<br />

Poeta opportunista e un po’ maldicente, M. Furio Bibàculo nacque a Cremona,<br />

intorno al 100 a.C., ebbe lunga vita come il suo maestro Catone, del quale era<br />

coetaneo, e morì dopo il 24 a.C. A Roma trascorse la maggior parte della sua<br />

vita. Tacito (Annales IV 34) ricorda di lui e di Catullo gli epigrammi pieni di contumelie<br />

contro Cesare: carmina Bibacûli et Catulli referta contumeliis Caesarum<br />

leguntur «si leggono i carmi di Bibàculo e di Catullo zeppi di ingiurie contro i<br />

Cesari»; anche Quintiliano (Institutio oratoria X 1, 96) conferma la mordace<br />

asprezza (acerbitas) epigrammatica dei due poeti. Più tardi, tuttavia, Bibàculo, in<br />

contrasto con gli altri neòteroi che erano decisamente avversi al poema epicostorico<br />

di tradizione enniana, e contraddicendo i suoi stessi epigrammi nei quali<br />

esprimeva la sua avversione a Cesare, scrisse gli Annales belli Gallici, per celebrare<br />

le imprese di Cesare in Gallia. Questo poema non piacque ad Orazio, che<br />

lo giudicò (Sermones II 5, 4) antiquato, di stile ampolloso e barocco, citando, a<br />

testimonianza del cattivo gusto di Bibàculo, quel suo verso in cui: Iuppiter hibernas<br />

cana nive conspuit Alpes: «Giove sputacchia di candida neve le Alpi invernali».<br />

Della produzione poetica di Bibàculo ci è giunto solo qualche epigramma e quell’unico<br />

verso trasmessoci da Orazio e da noi sopra riportato del suo poema dedicato<br />

alle imprese di Cesare in Gallia.<br />

P. Terenzio Varrone Atacino<br />

P. Terenzio Varrone di Atax, sulle rive dell’Aude, nella provincia Narbonese<br />

(oggi Provenza), è il primo poeta giunto a Roma dalla Gallia Transalpina. Nacque<br />

verso l’82 a.C., incerto è l’anno della sua morte. La sua produzione letteraria<br />

comprendeva: il Bellum Sequanicum, un poema epico-storico sulla guerra sequanica<br />

combattuta da Cesare contro Ariovisto nel 58 a.C.; l’Epimenides o Ephemêris<br />

(il titolo è incerto), un’operetta scientifica che formava una sorta di calendario<br />

poetico in esametri, del quale ci è pervenuto un passo, ispirato ad Arato 15 e imitato<br />

poi da Virgilio nel libro I delle Georgiche, sui «pronostici», cioè sui segni che<br />

possono essere utili al contadino per trarne le previsioni del tempo; la Chorographîa,<br />

un poemetto d’argomento geografico ed astronomico; sembra che abbia scritto<br />

anche Satire, ma di esse fa menzione solo Orazio, citandole come esempio di<br />

un fallito tentativo poetico; la libera traduzione o imitazione delle Argonautiche<br />

di Apollonio Rodio; la raccolta di elegie amorose dedocata ad una Leucadîa. Della<br />

produzione di Varrone a noi restano solo una quarantina di versi. Col Bellum<br />

Sequanicum e con la sua traduzione delle Argonautiche di Apollonio Rodio, Varrone<br />

si mostra legato ancora alla poesia arcaica di tradizione enniana; con i poemetti<br />

a carattere scientifico e didascalico mostra di imitare alcuni generi letterari della<br />

poesia ellenistica che allora incominciavano a diffondersi in Roma; con la Leucadîa<br />

si avvicina decisamente alle posizioni neoteriche. Pertanto, si può dire che Varrone<br />

occupa una posizione intermedia tra la vecchia scuola poetica di tradizione<br />

enniana e la nuova scuola di tendenza moderna, alessandrineggiante. Nei versi<br />

giunti sino a noi, Varrone si rivela, più che altro, un abile verseggiatore.<br />

maestro, sia alla sua disperata situazione finanziaria.<br />

15. Arato di Soli, in Cilicia, è un poeta greco<br />

vissuto tra la fine del IV e gli inizi del III secolo<br />

a.C., autore dei Fenomeni, un poema astronomico<br />

in esametri, del quale la seconda parte è costituita<br />

dai Pronostici, cioè dagli indizi astronomici e naturali<br />

che permettono la previsione del tempo.<br />

L’operetta di Arato, molto letta, amata e imitata dai<br />

Romani, è giunta sino a noi e non manca di pregi<br />

poetici.

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