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78 L’età cesariana (78-44 a.C.) Cum suis vivat valeatque moechis, quos simil complexa tenet trecentos, 19-20 nullum amans vere, sed identîdem omnium ilia rumpens: nec meum respectet, ut ante, amorem, qui illîus culpa cecîdit velut prati 23-24 ultimi flos, praetereunte postquam tactus aratro est. Furio e Aurelio, che accompagnereste Catullo, se mai si spingerà, alla fine del mondo, tra gl’Indi, sin dove la costa è battuta dal mare orientale con tonanti marosi ; o se tra gl’Ircani o tra i molli Arabi, o se tra i Saci o i Parti saettatori, o se nei mari che dalle sette bocche intorbida il Nilo; o se mai camminerà di là dall’alte Alpi, per vedere i trofei di Cesare, il grande, la Gallia e il Reno, e, selvaggi e all’estremità del mondo, i Britanni: tutti questi paesi, qualunque ventura porterà il volere dei celesti, pronti a esplorare insieme con me: poche riportate alla mia donna non buone parole. Viva e stia bene coi suoi drudi, con quei trecento che abbraccia e si tiene tutt’insieme, e non uno ne ama sinceramente, ma a tutti in fila stanca le reni: e non si vòlti ad aspettare, come prima, il mio amore, che per colpa di lei è caduto, come sul margine del prato un fiore, dopo che l’ha, passando, toccato l’aratro. Carme LVIII (1-50; 87-107; 149-160) Un’elegia per Allio CARMINA DOCTA Il Carme è una splendida, sofferta elegia, dedicata da Catullo al suo caro amico Allio, anzi, a nostro avviso, esso è il capolavoro catulliano. Dal punto di vista tecnico, il Carme può essere definito una recusatio: il poeta afferma di non poter esaudire la richiesta avanzata da Allio, cioè di fargli il dono d’una sua poesia e di lasciare Verona per tornare a Roma. Ma, nel momento stesso in cui Catullo afferma di essere impossibilitato ad accontentare l’amico nella sua duplice richiesta, una almeno di esse riesce ad esaudire, componendo per lui questa straordinaria, splendida elegia. Catullo confessa ad Allio di essere anche lui preda di una terribile disperazione dalla quale non riesce più a risollevarsi: la morte precoce del fratello l’ha distrutto; con essa è come se tutta la sua casa, tutti i suoi affetti fossero andati distrutti. Ormai per il poeta la vita non ha più senso, egli ha scoperto il dolore vero, che l’umana esistenza può dare: davanti ad esso ogni delusione, amarezza, o dispiacere procurato da un amore infelice diventa poca cosa. Ora Catullo ha scoperto le radici stesse del dolore, ha scoperto e capito il male di vivere, quel male profondo che accomuna e affratella nel dolore tutte le umane creature: davanti ad esso, davanti alla morte, i tradimenti di Lesbia acquistano tutt’altra dimensione, diventano poca cosa e, più che procurare amarezza o dolore, arrecano tristezza. Questa donna, dunque, neanche davanti al dolore disperato di Catullo per la morte di suo fratello riesce a frenarsi, a commuoversi, a stare vicino al poeta o, almeno, a rispettarne il dolore, i sentimenti, la disperazione. No, non è una vergogna, come pensa Allio, che Lesbia a Roma continui a tradire Catullo, piuttosto, è un motivo di tristezza. Al pensiero del fratello morto, l’unico vero pensiero che ora assilla e tormenta il poeta, Catullo, ormai fuori di sé, dimentica tutto e tutti, intrecciando un improvviso, drammatico colloquio con l’estinto, all’interno della liri-
cap. IV - Gaio Valerio Catullo - Il poeta di Lesbia, il poeta dell’amore 79 ca, con grande beneficio poetico per essa. Quest’elegia è un autentico capolavoro: nessuna più di essa infatti riesce a rendere così bene lo stato d’animo di chi è in preda all’angoscia e allo smarrimento e, nello stesso tempo, la fatica di improvvisare e trarre dall’animo motivi di vera, sofferta poesia. Una bella lezione di ars poetica, non v’è che dire, realizzata fornendo un esempio diretto di come e donde nasca un’autentica poesia. Il tutto, ottenuto intrecciando abilmente realtà e mito, motivo autobiografico e favola, fino a creare un nuovo e originalissimo modello di poesia. Allio è forse l’amico più caro di Catullo, quello che nei giorni felici del poeta ha favorito il suo amore per Lesbia mettendogli a disposizione una sua villetta poco distante da Roma. E quella casa, quei momenti lieti, il suo primo, emozionante incontro con Lesbia e, nello stesso tempo, il sogno d’amore svanito, fanno ricordare al poeta il mito di Protesilao e Laodamìa, i due sventurati coniugi, nella cui triste vicenda d’amore il poeta vede adombrata ormai anche quella che sarà la conclusione della sua penosa storia con Lesbia. (Metro: distico elegiaco). Quod mihi fortuna casuque oppressus acerbo conscriptum hoc lacrimis mittis epistolium, naufragum ut eiectum spumantibus aequoris undis sublêvem et a mortis limine restituam, 5 quem neque sancta Venus molli requiescere somno desertum in lecto caelibe 112 perpetitur, nec veterum dulci scriptorum carmine Musae oblectant, cum mens anxia pervigîlat: id gratum est mihi, me quoniam tibi dicis amicum, 10 muneraque et Musarum hinc petis et Veneris. Sed tibi ne mea sint ignota incommôda, mi Alli 113, neu me odisse putes hospitis officium, accîpe quis merser fortunae fluctibus ipse, ne amplius a misero dona beata petas. 15 Tempore quo primum vestis mihi tradîta est 114 pura, iucundum cum aetas florida ver ageret, multa satis lusi 115: non est dea 116 nescia 117 nostri, quae dulcem curis miscet amaritiem; sed totum hoc studium luctu fraterna mihi mors 20 abstulit. O misero frater adempte mihi, tua mea tu moriens fregisti commôda, frater, tecum una tota est nostra sepulta domus; omnia tecum una perierunt gaudia nostra, 112. lecto caelibe: forse per la morte della moglie o per l’abbandono da parte dell’amante. 113. Alli: Allio (o Manlio), uno degli amici più cari e fedeli di Catullo. 114. vestis… pura: è la toga virile, la toga bianca concessa ai ragazzi allorché entravano nei diciotto anni. Quel giorno si faceva una grande festa e si aveva una grande cerimonia pubblica nel Foro, dove convenivano tutti i ragazzi che quel giorno compivano gli anni diventando maggiorenni. 115. lusi: il verbo ludêre qui ha anche il significato di «dilettarsi di poesia», secondo il nuovo valore semantico acquistato con i poetae novi (cfr. la poesia come lusus, «gioco», «diletto dello spirito»). 116. dea: è Venere, la dea dell’amore. 117. non… nescia: un’efficacissima, intensa litote.
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