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THESAURUS LITTERARUM LITTERARUM - AbleMedia

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Pagine critiche Pagine critiche Pagine critiche Pagine critiche Pagine critiche<br />

86 L’età cesariana (78-44 a.C.)<br />

timbro distaccati e «disinteressati». La fondamentale elegia 68, con la sua organica e<br />

compatta fusione fra mito ed esperienza diretta, fra tournures culte e rapidi ritorni<br />

della memoria (della realtà, della vita), basterebbe da sola a smentire una suddivisione<br />

così superficiale ed incauta. Non mancano altre prove, tutte di peso determinante:<br />

la versione della Chioma di Berenice, come si è visto, è accompagnata da una<br />

dedicatoria (65) in cui riemerge la stessa sintesi, si propone la stessa compresenza.<br />

Anche i due epilli che dovrebbero contrassegnare la maniera più scopertamente dotta<br />

del poeta (l’Attis, 63, e le Nozze di Peleo e Teti, 64), contengono una sostanza di medesimezza<br />

interiore che li qualifica immediatamente: in Attis sarà la deprecatio alla Dea<br />

perché storni dal capo di Catullo la maledizione che ha colpito il giovane efebo; nelle<br />

Nozze di Peleo e Teti la sconsolata visione di un mondo corrotto dove gli dei più non<br />

tollerano di mischiarsi ai mortali, di essere toccati – e quasi contaminati – dalla luce<br />

del giorno (e sarà riscontrabile un’eco vagamente epicurea).<br />

C’è in Catullo, e qui dovrà forse essere colta la chiave unitaria della sua complessa<br />

figura, una solidissima consapevolezza del proprio ruolo di poeta: un impegno<br />

poetico che diventa assorbente ed univoco, ragione estrema di vita. Sullo sfondo, la<br />

delicata situazione, il sempre più precario stato civile, di un’intelligencija che si sentiva<br />

sempre più estranea ed emarginata di fronte ai processi involutivi di un’epoca che,<br />

nel suo apparente splendore, già preludeva – e già in parte aveva sperimentato – il<br />

deteriorarsi di un modo di vita, la crisi di una civiltà.<br />

L’impegno poetico diventa così per Catullo sostitutivo di ogni altro impegno: in una<br />

osmosi fra vita e poesia, in cui situazioni, impressioni, momenti anche di gracile realismo<br />

aneddotico, si fissano in piena dignità nella poesia. L’officina di Catullo, così<br />

aperta e sensibile anche ai più sporadici episodi, alle più minute ed insignificanti registrazioni<br />

di eventi privati, è la vita stessa che si promulga nella poesia o, se si preferisce,<br />

la poesia che assume su di sé, in prima persona, il carico della vita. Non possiamo<br />

pensare ad un Catullo uomo al di fuori della sua poesia: essa, ed essa sola, ci<br />

consegna Catullo. Anche il nuovo dettame di poetica, il multum invigilare lucernis, le<br />

lunghe veglie al tavolino (le «sudate carte», dirà poi Leopardi), sono vita: sono una vita<br />

che si riscatta, che solo così, con l’esercizio poetico, riesce a trovare se stessa, la propria<br />

identità e ragione, ed evita di congelarsi in una umiliante, degradante routine.<br />

Quanto di questo atteggiamento si possa far risalire ad una specifica attitudine<br />

personale, e quanto invece sia dovuto alla prassi vigente nel clima eletto dei giovani<br />

poeti in vista nella Roma di Catullo, è impossibile precisare; e forse la storia, lasciandoci<br />

solo l’opera di Catullo, ha già implicitamente risolto un’aporia che potrebbe sembrare<br />

paralizzante. È altrettanto vero però che la fisionomia di Catullo è quella di un<br />

poeta pienamente, incondizionatamente inserito nei riti intellettuali e nelle convenzioni<br />

culturali della sua epoca, oltreché nelle consuetudini di vita di una Roma sempre più<br />

eterogenea e cosmopolita.<br />

L’atticismo nel campo dell’oratoria, il neoterismo in sede lirica, la diffusione dell’epicureismo<br />

in sede filosofica sono tre momenti – se si vuole, tre dati convergenti –<br />

di un clima nuovo che si instaura; sono i contorni ideali della planimetria di un’età che<br />

si apre al nuovo, che sperimenta in sé, nelle sue personalità più vivaci ed aperte, una<br />

nuova distanza dal passato e un nuovo spessore nel presente.<br />

Solo così, solo inserendo Catullo nell’epoca che fu la sua, solcata di anticipazioni<br />

e di rimpianti, di ardite avventure intellettuali e di delusioni esistenziali assolute, si<br />

potrà far piazza pulita di tutto lo schiocchezzaio romantico e post-romantico sulla «fanciullezza»<br />

di Catullo, sulla sua ingenuità, sulla sua fragile e insieme profonda sensibilità.<br />

Parole, flatus vocis. Un Catullo ridotto in questi termini non sarebbe più Catullo,<br />

sarebbe la stucchevole copia di un piccolo eroe impotente e larmoyant che si muove<br />

goffamente sul palcoscenico borghese di un teatrino borghese di provincia: per la facile<br />

commozione delle dame.<br />

E la storia di Catullo? L’immagine familiare di questo ragazzo morto in un alone

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