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THESAURUS LITTERARUM LITTERARUM - AbleMedia

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32. C. MARChESI, Disegno storico della letteratura<br />

latina, cit. 97.<br />

cap. IV - Gaio Valerio Catullo - Il poeta di Lesbia, il poeta dell’amore 57<br />

personalissimo, quello catulliano, quale può essere quello di un poeta, di spirito,<br />

gusto e formazione alessandrina, cioè di un poeta colto e tecnicamente espertissimo,<br />

che sa essere o mostrarsi, tuttavia, quasi sempre, incredibilmente semplice,<br />

naturale, spontaneo, non costruito: il suo stile è una sintesi prodigiosa,<br />

dunque, di ars e naturalezza. È lo stile di un poeta originale ed innovatore, che<br />

degli alessandrini ha assimilato e fatte proprie ogni tecnica poetica, ogni esperienza<br />

letteraria, ogni malizia d’arte, e di tutte si serve e tutte le ripropone, ma<br />

in modo del tutto nuovo, mettendole al servizio di una poesia nuova, intensa e<br />

appassionata, che trae la sua ispirazione dalle profondità dell’anima e dalla verità<br />

della vita vissuta. Perciò, proprio perché la sua poesia nasce dalla vita, anche la<br />

lingua di Catullo si rivela viva, anzi vivissima, varia e naturale.<br />

Come lo stile, infatti, anche la sua lingua varia da carme a carme secondo<br />

i temi ed i momenti della sua poesia. Perciò, talora, essa sa essere popolare,<br />

vivace, colorita in alcuni casi, persino volgare o scurrile (quando, ad esempio, il<br />

poeta negli epigrammi lancia giambi o strali contro i suoi nemici, o quando vuol<br />

essere comico o lascivo), spesso, invece, sa essere raffinata, colta, elegante,<br />

ricercata (quando il poeta delle nugae delicate si abbandona al sentimento, o<br />

quando costruisce con arte sapiente i suoi carmina docta, o quando crea le sue<br />

elegie migliori). Il più delle volte, tuttavia, le due forme espressive si intrecciano<br />

e fondono prodigiosamente, producendo il tipico linguaggio composito del poeta<br />

novus, linguaggio fatto di voci comuni o tradizionali, che si alternano con altre<br />

di natura arcaica, colte ed elevate, o con altre originalmente create per l’occasione<br />

dal poeta stesso, o, più spesso, con altre attinte al linguaggio popolare,<br />

quest’ultime usate un po’ per snobismo, un po’ per provocazione. Pertanto, spesso<br />

risulterà, questa lingua poetica catulliana, fatta di uno strano, complesso eppur<br />

meraviglioso e riuscito impasto espressivo: una lingua semplice e nello stesso<br />

tempo costruita, popolare e insieme colta, ora esuberante ed espressiva, ora raffinata<br />

ed elegante, sempre originale, efficace, innovatrice. Frequentissimo in essa<br />

l’uso dei diminutivi, secondo il gusto della poesia alessandrina, per conferire maggiore<br />

grazia e delicatezza al racconto poetico.<br />

Anche il metro, infine, varia secondo gli argomenti. Sicché, Catullo affida al<br />

distico elegiaco soprattutto le vicende tristi del mito e della sua esistenza. Ma il<br />

suo pentametro è ancora lontano dalla perfezione cui lo condurranno gli elegiaci<br />

che verranno dopo di lui. Meglio riesce invece Catullo nell’esametro, il grande<br />

metro impegnato dei poemetti mitologici, costruiti con squisita cura e raffinatezza<br />

alessandrina. Per la drammatica e sconcertante vicenda mitologica di Attis, il<br />

poeta, con felice scelta, si servì invece degli inusitati, rapidi e concitati galliambi:<br />

il metro più adatto, forse, per rendere la strana, intima agitazione religiosa del<br />

giovanetto, caduto in preda al furore d’una improvvisa e violenta crisi mistica.<br />

Nei giambi agili e svelti, Catullo volle invece rievocare i viaggi felici un tempo<br />

compiuti col suo veloce battello. Ma ai giambi Catullo aveva già fatto ricorso, per<br />

altri meno nobili fini, allorché s’era servito di essi come di un’arma crudele (truces<br />

iambos) per attaccare e colpire impietosamente tutti i suoi rivali o avversari o<br />

nemici. Per esprimerci con il Marchesi: «nei giambi, nei coliambi, nei priapei, negli<br />

endecasillabi falecei – in cui fu insuperato maestro – raccoglie, espone, varia,<br />

tormenta, accarezza le passioni, i rancori, le malizie, le dissolutezze, le caparbietà<br />

capricciose della sua anima» 32.

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