THESAURUS LITTERARUM LITTERARUM - AbleMedia
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cap. IV - Gaio Valerio Catullo - Il poeta di Lesbia, il poeta dell’amore 53<br />
Carme LXVI (Elegia: traduzione della Chioma di Berenice di Callìmaco)<br />
Il Carme LXVI costituisce un’elegia di 94 versi (distici elegiaci). È la traduzione<br />
della Chioma di Berenice composta dal poeta alessandrino Callìmaco di<br />
Cirene (III secolo a.C.). Il poeta si è dedicato ad essa nei giorni in cui gli era<br />
venuta meno l’ispirazione, a causa della morte del fratello. La traduzione è dedicata,<br />
come s’è già detto, ad Òrtalo. Callìmaco aveva scritto l’elegia in occasione<br />
del ritorno ad Alessandria, dalla guerra, del re Tolomeo d’Egitto. Berenice, sua<br />
moglie, per propiziare questo ritorno, aveva reciso un ricciolo della sua chioma<br />
e l’aveva offerto agli dèi come dono votivo. Ma il ricciolo era scomparso dal<br />
tempio dov’era custodito e, pertanto, l’astronomo di corte Conone, aveva immaginato<br />
di riconoscerlo in una nuova costellazione ch’egli intanto aveva scoperto<br />
e che, in omaggio alla regina, aveva appunto chiamato «Chioma di Berenice»,<br />
nome ch’essa porta tuttora. Callìmaco introduce a parlare il ricciolo stesso, che<br />
fa l’elogio della bellezza e della fedeltà della regina. Dell’originale greco a noi<br />
restano solo una ventina di versi, ma l’elegia catulliana ci restituisce il carme,<br />
in traduzione, integralmente. La traduzione, felicemente riuscita, è in tutto degna<br />
dell’arte di Catullo, che qui si rivela fine e fedele interprete di Callìmaco.<br />
Carme LXVII (Elegia: colloquio immaginario del poeta con una porta)<br />
Il Carme LXVII è un’elegia di 48 versi (distici elegiaci). Esso contiene il colloquio<br />
immaginario del poeta con una porta che, suo malgrado, è stata discreta<br />
e involontaria testimone dei segreti peccati d’amore di una matrona. I luoghi<br />
citati sono Brescia e Verona, ma le allusioni, i sottintesi, i pettegolezzi che fanno<br />
da sfondo al carme, fatalmente ci sfuggono. È poesia erotica, con varie punte<br />
aggressive e scurrili: non è certo questo il vero Catullo, anzi, sembra qui ritornare<br />
la poesia giovanile catulliana, cioè quella giambica e provocatoria dei carmi<br />
minori.<br />
Carme LXVIII (Elegia: un dono poetico per Allio)<br />
Il Carme LXVIII è un’elegia di 160 versi (distici elegiaci) 28. È certamente il<br />
capolavoro dei carmina docta, forse il capolavoro di tutto il liber. Catullo è a<br />
Verona e l’amico Allio (o Manlio), distrutto da un grave dolore coniugale, in nome<br />
dell’antica amicizia e dell’affetto che li lega, scrive a Catullo, invitandolo a fare<br />
ritorno in Roma, dove, per altro, in sua assenza, ormai tutti i giovani della migliore<br />
aristocrazia se la spassano a fare l’amore con Lesbia, e sollecitandolo ad inviargli,<br />
a conforto, almeno il dono di una sua poesia.<br />
Catullo è costretto a confessare all’amico anche la sua disperazione, la sua<br />
crisi d’uomo e di poeta: la morte improvvisa di suo fratello l’ha sconvolto e, pertanto,<br />
egli non è ora in grado di esaudire le richieste dell’amico. Ma al semplice<br />
pensiero del fratello morto, ecco che il poeta prorompe (come era già accaduto<br />
nel Carme LXV) in un improvviso, drammatico colloquio col fratello estinto,<br />
con grande efficacia poetica, spezzando l’unità della lirica. Il poeta non può