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Reprocessing degli endoscopi. Indicazioni operative - ANMDO

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<strong>Reprocessing</strong> <strong>degli</strong> <strong>endoscopi</strong>. <strong>Indicazioni</strong> <strong>operative</strong><br />

Per il controllo dell’esposizione occupazionale al rischio infettivo da CJD occorre:<br />

• adottare tutte le precauzioni standard previste per gli operatori sanitari;<br />

• adottare tutte le misure preventive per evitare l’autoinoculazione con oggetti taglienti<br />

contaminati;<br />

• anche se non è scientificamente documentato, l’esposizione percutanea al CSF o al<br />

tessuto cerebrale di una persona infetta deve essere trattata risciacquando la ferita<br />

con ipoclorito di sodio allo 0,5% per diversi minuti, seguito da un lavaggio con acqua<br />

e sapone;<br />

• l’esposizione della mucosa ai tessuti o ai liquidi contagiosi deve essere trattata<br />

irrigando la mucosa con soluzione salina per diversi minuti.<br />

<strong>Reprocessing</strong> delle attrezzature <strong>endoscopi</strong>che contaminate da prioni<br />

Dall’analisi della letteratura si deduce che gli <strong>endoscopi</strong> e le attrezzature <strong>endoscopi</strong>che<br />

(tranne quelle neurochirurgiche) (Legnani et al., 2001) sono dispositivi che normalmente<br />

non vengono a contatto con tessuti a rischio TSE (CJD) e quindi, anche quando vengono<br />

utilizzati per procedure diagnostiche in pazienti ad alto rischio, i protocolli di trattamento<br />

standard (detersione, alta disinfezione e sterilizzazione) sono adeguati (Rutala, Weber,<br />

2001). Ciò non toglie che la prima e principale misura preventiva, nel caso di pazienti<br />

ad alto rischio, sia limitare le procedure <strong>endoscopi</strong>che esclusivamente a quelle necessarie,<br />

tenendo conto nella valutazione anche del rischio di infezioni (British Society of<br />

Gastroenterology, 2003).<br />

Nel caso di procedure <strong>endoscopi</strong>che che prevedono il contatto con tessuti ad alto e basso<br />

rischio in un paziente probabile o certo, le Linee guida dell’Organizzazione mondiale della<br />

sanità del 2000 (OMS, 2000) prevedono il trattamento speciale e quello meglio tollerato<br />

dallo strumento (che non compare nell’Allegato delle metodiche di decontaminazione,<br />

perché i metodi riportati non sono quelli tollerati dagli <strong>endoscopi</strong>) Le raccomandazioni di<br />

Rutala e Weber (2001), in caso di tessuto a basso rischio, prevedono invece le procedure<br />

convenzionali standard.<br />

Poiché i disinfettanti più comunemente utilizzati per gli <strong>endoscopi</strong>, come glutaraldeide,<br />

ossido di etilene, acido peracetico, sono inefficaci (OMS, 2000; Rutala, Weber, 2001;<br />

Rutala, 2004a, 2004b), considerando l’alto costo di questi strumenti alcuni autori<br />

suggeriscono di ricoprire l’<strong>endoscopi</strong>o con una guaina in plastica, eliminabile come rifiuto<br />

pericoloso a rischio infettivo(Legnani et al., 2001), protezione dell’<strong>endoscopi</strong>o peraltro<br />

parziale.<br />

Al momento, non è dimostrato l’effettivo rischio di trasmissione dei prioni patogeni<br />

attraverso le procedure <strong>endoscopi</strong>che (Legnani et al., 2001).<br />

Dossier 133<br />

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