Reprocessing degli endoscopi. Indicazioni operative - ANMDO
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<strong>Reprocessing</strong> <strong>degli</strong> <strong>endoscopi</strong>. <strong>Indicazioni</strong> <strong>operative</strong><br />
dell’esecuzione del trattamento, la persona danneggiata deve solo dimostrare<br />
l’aggravamento delle proprie condizioni di salute, oppure l’insorgenza di nuove patologie<br />
e il nesso causale con il trattamento (non con la condotta); ne deriva necessariamente<br />
una presunzione di negligente o inadeguata esecuzione della prestazione da parte<br />
dell’operatore sanitario.<br />
Tale ripartizione dell’onere probatorio è studiata per addossare la prova più difficile<br />
in capo al soggetto che si trova nelle condizioni migliori per fornirla (il professionista);<br />
è quella dell’art. 1.218 del Codice civile, che contempla un’obbligazione di risultati<br />
e non di mezzi o di comportamento (al creditore non spetta provare la colpa del debitore,<br />
ma semplicemente il fatto oggettivo della mancata realizzazione del risultato, che<br />
corrisponde alla prestazione dovuta: ecco perché in civile è praticamente impossibile,<br />
per i professionisti e le strutture sanitarie, non essere obbligati al risarcimento il danno).<br />
In ambito civile la responsabilità del professionista si estende all’ente, 14 cioè all’Azienda<br />
sanitaria di cui egli fa parte, che risponde dei danni subiti dai pazienti (trasferendo<br />
a sua volta in tutto o in parte il rischio a una Compagnia di assicurazione). Tuttavia,<br />
per la normativa vigente in materia di pubblico impiego, l’Azienda sanitaria ha poi il diritto<br />
di rivalersi sul proprio dipendente nei casi in cui questi abbia agito con dolo o colpa grave<br />
(o, più precisamente ha l’obbligo di farlo per non cadere nei rigori della Corte dei conti).<br />
A tale proposito ha notevole rilevanza il modo di intendere giuridico del concetto<br />
di colpa professionale medica negli ultimi anni: in sede giudiziaria civile (Cassazione),<br />
per raggiungere una maggiore tutela del cittadino, si è adottata una maggiore severità<br />
nel valutare il comportamento dei sanitari e qualora si verifichi un evento avverso per<br />
il paziente (talvolta anche una complicanza), se il trattamento sanitario non riveste i<br />
caratteri della speciale difficoltà tecnica (concetto oggi sempre più difficile da richiamare),<br />
l’interessato deve solo dimostrare il nesso causale fra il danno riportato e la prestazione<br />
sanitaria e non la colpa dell’operatore, colpa che diventa presunta fino a che il sanitario<br />
non dimostra che ha fatto tutto quanto era possibile per evitare il verificarsi del danno.<br />
Nella pratica clinica, non è però infrequente registrare una serie di complicanze di cui non<br />
è possibile conoscere la vera causa e quindi dimostrarne l’indipendenza da un’eventuale<br />
condotta non conforme del professionista risulta assai arduo.<br />
Operando in tale ottica il cittadino viene tutelato, ma ovviamente il concetto di colpa deve<br />
essere affermato, ancorché in via presunta, nella consapevolezza che un certo numero di<br />
volte essa in realtà non sussiste, in quanto si è trattato di una complicanza accidentale,<br />
imprevedibile e inevitabile, che deve comunque essere risarcita, anche perché, per<br />
14<br />
L’art. 28 della Costituzione recita:<br />
I funzionari e i dipendenti dello Stato e <strong>degli</strong> enti pubblici sono direttamente responsabili,<br />
secondo le leggi penali, civili e amministrative, <strong>degli</strong> atti compiuti in violazione di diritti.<br />
In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.<br />
Dossier 133<br />
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