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Monografija - drugo izdanje - italijanski - niska rezolucija

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Andrić descrisse la Bosnia come una “terra oscura” con<br />

frasi che levigò come fossero diamanti, con la sorprendente<br />

serenità di un cantastorie (“Le profonde acque scorrono<br />

tranquille”) e l’ermetica ispirazione di un poeta. Questa<br />

era la terra dove era nato, e dove tre grandi religioni si erano<br />

incontrate: l’Islam, il cattolicesimo e la chiesa cristiana ortodossa<br />

(egli si dichiarava un “serbo cattolico”). Tenendo a<br />

mente cos’è accaduto in Bosnia negli ultimi decenni, si potrebbe<br />

trovare qualcosa di profetico nei libri ancora popolari<br />

di Andrić. Egli sentiva, conosceva e amava la Bosnia nonostante<br />

la sua intuizione di un male mistico e quasi predestinato<br />

nell’intimo del grande, eterno segreto della Bosnia.<br />

Durante gli anni Novanta, quando la guerra civile infuriava<br />

in Bosnia e nei Balcani, i serbi hanno avuto modo<br />

una volta di più di sperimentare sulla propria pelle la<br />

saggezza della sua affermazione: “In guerra i saggi<br />

diventano silenziosi, gli stupidi iniziano a parlare e<br />

i bastardi diventano ricchi”.<br />

L’opera di Andrić è ancor più vera oggi di quando<br />

ottenne il Premio Nobel.<br />

Non è sfuggito neanche lui al “male bosniaco”.<br />

“Il 1° luglio 1991, intorno alle 17, a seguito<br />

della pubblicazione sulla copertina<br />

della rivista musulmana “Vox”, di un’illustrazione<br />

di Ivo Andrić impalato su di<br />

un lapis appuntito proprio sul ponte a<br />

Višegrad, da lui immortalato col suo romanzo<br />

Il ponte sulla Drina, la statua di<br />

marmo dedicata al romanziere in piazza<br />

della Liberazione a Višegrad fu distrutta”, in<br />

conformità all’Atto n. 15/93 della Pubblica<br />

Accusa di Višegrad.<br />

Un gruppo di terroristi musulmani di<br />

Goražde cercò di far saltare il busto di Andrić<br />

e la sua tomba a Herceg Novi, e “due persone<br />

morirono nell’esplosione a causa dell’inettitudine<br />

nell’uso dell’esplosivo”, dice il rapporto<br />

della polizia montenegrina.<br />

Non ci si può proteggere dal male degli umani,<br />

né con la bellezza né con la saggezza. Neppure<br />

da morti.<br />

“Dopo essere stato confuso per tanto<br />

tempo per ciò che succedeva<br />

intorno a me, nella seconda<br />

parte della mia vita ho raggiunto<br />

una conclusione: non<br />

180<br />

“Nessuno è innocente qui. Non si arriva<br />

qui per caso. Innocenti non attraversano<br />

questa soglia. Tutti sono almeno un<br />

po’colpevoli. Forse soltanto nei sogni”<br />

serve a niente ed è sbagliato cercare un senso in eventi che<br />

accadono intorno a noi ne che sono privi o sono importanti<br />

solo in apparenza; piuttosto lo dovremmo cercare negli strati<br />

che i secoli hanno formato intorno ad alcune fondamentali<br />

leggende dell’umanità”. Questa frase, pubblicata già nel 1935,<br />

secondo i critici rivela il cuore della poetica di Ivo Andrić,<br />

l’unico serbo vincitore di un premio Nobel, la cui opera letteraria<br />

è considerata l’apice dell’arte serba del XX secolo.<br />

L’importanza che Andrić ha avuto per la cultura nazionale<br />

è forse descritta al meglio da uno strano aneddoto: sentendo<br />

la notizia che Andrić era morto, un bambino chiese:<br />

“Se Andrić è morto, chi è ora il romanziere?”.<br />

La frase di Andrić sull’irrilevanza dei fatti della<br />

vita apparentemente molto importanti, simili a<br />

orme incomprensibili sulla neve dell’effimero,<br />

ci svela il nucleo della narrativa matura, serena<br />

e saggia di Andrić (una freddezza che riscalda!),<br />

in cui gli eventi scorrono come un<br />

fiume, eventi pieni di speranze umane, che<br />

finiscono sempre nello stesso tragico modo, e<br />

sopra i quali aleggia perenne la domanda sul<br />

significato dell’esistenza umana. Tuttavia, tutte<br />

queste storie pessimistiche che si succedono<br />

una dopo l’altra, formando la catena ininterrotta<br />

del destino umano, non hanno come esito la disperazione.<br />

Sommando gli zeri, Andrić raggiunge l’infinito,<br />

e sembra trovare la chiave della bellezza eterna<br />

dell’esistenza umana nel perpetuo ritorno delle stesse<br />

cose (il concetto nietzscheano dell’eterno ritorno,<br />

ewige Wiederkunft). Guardando dall’alto, dalla prospettiva<br />

a cui uno scrittore si innalza per sorvolare<br />

il fiume dell’esistenza umana, tutto sembra agevole, effimero,<br />

spiegabile, evidente… ed ogni fine, già chiara in<br />

anticipo, è in realtà solo l’inizio.<br />

Il sipario non cala mai sul palcoscenico della vita<br />

umana nei romanzi di Andrić: niente inizia con<br />

la prima pagina del libro né finisce con<br />

l’ultima.<br />

Sembra che tutto ciò che quest’uomo<br />

silenzioso e amaro ha scritto, de-

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