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Monografija - drugo izdanje - italijanski - niska rezolucija

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Dal manierismo folklorico del “Naїf rurale”,<br />

passando per le minuzie e la perfezione tecnica del “Realismo<br />

Naї f ” di Sava Stojkov, all’originale invenyione astratta di<br />

Ilija Bašičević-Bosilj: Bosilj, San Giorgio che uccide il drago<br />

250<br />

si avverarono tutti i sogni di un pittore. Viaggiò per il<br />

mondo in molte città con i suoi quadri, anche se trascorse<br />

tutta la vita nella “sua Oparić”, rifiutando le offerte di<br />

trasferirsi in città; vinse molti premi, era rispettato anche<br />

nel suo villaggio; imparata la tecnica dell’affresco da<br />

un pittore russo, decorò la chiesa del monastero di Tresije<br />

sul monte Kosmaj. E infine, dopo molti “tentativi”,<br />

creò un quadro grandioso, La battaglia del Kosovo, che<br />

progettò perché fosse il suo “testamento come pittore”,<br />

e così lo considerò.<br />

Un altro pittore della tradizione dei pittori naïf fra<br />

le due guerre subì un autentico destino da “pittore maledetto”<br />

e provò sulla sua pelle che dannazione terribile<br />

possano essere il talento e l’irrequietezza creativa,<br />

specialmente in ambiente primitivo. Peter Nađapati,<br />

figlio di un povero cocchiere di Bačka Palanka, ebbe il<br />

soprannome di “Kukac” e fu ricordato in molte kafana<br />

(osterie) del luogo. Sprecò il suo grande talento dipingendo<br />

contadini per farsi pagare una bevuta. Vagabondava<br />

per i campi fermandosi alle varie salaš (fattorie)<br />

dove faceva i ritratti agli agricoltori ricchi in cambio<br />

di vitto e alloggio, umiliandosi fino a dipingere il loro<br />

maiale o bue preferito. Debilitato dall’alcol, fu trovato<br />

morto nella stalla di suo padre, sdraiato su un covone.<br />

Rimane di lui solamente una fotografia sfuocata:<br />

è in piedi con una camiciabianca abbottonata fino al<br />

collo, il cappello tirato giù sugli occhi, la faccia lunga<br />

e magra con le chiare caratteristiche di uno straniero.<br />

Kukac sbircia da sotto l’orlo del cappello ed ha gli occhi<br />

fissi sulla macchina fotografica (era probabilmente una<br />

situazione imbarazzante poiché egli, un pittore, doveva<br />

accettare il fotografo come ritrattista). Quello che è<br />

strano è che il suo sguardo dà ancora l’impressione di<br />

essere rivolto verso “niente” o addirittura da qualche<br />

parte “dietro”. Labbra carnose, senza l’accenno di un<br />

sorriso, neppure un sorriso triste o amaro o impotente,<br />

o il sorriso con “senza espressione” del giocatore di<br />

poker: un uomo chiamato Kukac, presente e assente<br />

allo stesso tempo, proprio come le immagini dei famosi<br />

borghesi della Vojvodina, rigidi in posa, che dipinse in<br />

alcuni dei rari ritratti conservati fino ad oggi, di solito<br />

privi di firma, consegnati prima a coloro che li avevano<br />

commissionati e poi all’oblio.<br />

Uno dei fondatori dell’arte naïf serba, Cvetin Belić,<br />

del paese di Kuzmin in Srem, “mise in mostra” i suoi<br />

quadri per le strade di Belgrado, e chi sa cosa sarebbe<br />

rimasto della sua opera se non avesse incontrato Siniša

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