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Monografija - drugo izdanje - italijanski - niska rezolucija

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Dettagli dei dipinti di Ferenc Pataki,<br />

Marko Denda e Milovan Lazarević<br />

sabotato spiritualmente l’ideologia totalitaria dominante che<br />

proibiva tutto ciò e lo considerava sospetto e arretrato.<br />

“Dormi, Serbia; sotto la coperta dell’infinito” scrisse Dobrica<br />

Erić, “il mio cuore veglia su di te”.<br />

Le profonde radici della pittura naïf dimostrarono che il fenomeno<br />

della creatività delle persone non era un’erbaccia che<br />

si potesse estirpare come niente fosse. Nonostante ciò, molti<br />

intellettuali parlarono con odio del “dilettantismo”, del “kitsch”<br />

(la lotta contro il kitsch insito nella gente fu, all’epoca, il movimento<br />

ufficiale portato avanti dall’élite intellettuale serba, la<br />

cosiddetta “intellighenzia onesta”), del “decorativismo contadino”<br />

di quest’arte rurale le cui radici non erano facilmente rintracciabili:<br />

all’inizio essa fu sottovalutata in modo ingiustificato,<br />

poi non accettata dalla critica, e poi fu subordinata alle idee<br />

sociali imperanti sulla classe lavoratrice come forza guida della<br />

società, considerata persino una sorta d’introduzione dell’ideologia<br />

dell’“autogoverno” nell’arte della pittura.<br />

Il fenomeno degli artisti naïf che ebbero i primi trionfi<br />

all’estero, e solo più tardi furono ampiamente accettati nel<br />

loro stesso paese (al modo in cui agli intellettuali pieni di sé<br />

piace adulare la propria gente), richiederebbe un’analisi particolare,<br />

ma invece ci viene alla mente questo fatto: quando al<br />

museo sulla confluenza della Sava con il Danubio a Belgrado<br />

fu allestita una mostra d’arte americana contemporanea, accanto<br />

alla Pop Art, a Warhol, Vasarely e Pollock, c’erano opere<br />

in stile primitivo di artisti americani, principalmente appartenenti<br />

a gruppi etnici marginalizzati di nativi americani e alla<br />

popolazione di colore. Che bella sorpresa per l’élite serba che,<br />

sprezzantemente, non si riconosceva “nell’odore” del villaggio<br />

e nel “colorismo kitsch” dei quadri contadini, a cui apparteneva<br />

più che a qualsiasi altra cosa al mondo.<br />

In Serbia, lo stile di pittura naïf fiorì a Kovačica, in Uzdin,<br />

e oltre alla già ricordata scuola di Oparić di Brašić, c’era la<br />

cosiddetta Scuola d’Arte della Morava, e Milić di Mačva fondò<br />

la Scuola di Mačva, basata sui principi delle botteghe d’arte<br />

medievali.<br />

Un ruolo importante nello sviluppo del Naïf serbo lo ebbero<br />

gli Slovacchi di Kovačica, che espressero la loro identità nazionale<br />

nei quadri, affidandosi alle proprie tradizioni etniche<br />

di uso del colore e di pittura, e i Rumeni di Uzdin, che vi si erano<br />

stabiliti all’inizio del XIX secolo. Questa è la regione dove<br />

si sono mantenute forme molto antiche di arte folkloristica,<br />

vestiti e ricami che erano esempi di uso del colore per i pittori<br />

autodidatti (non è una coincidenza che le donne prevalgano<br />

fra gli artisti di spicco di questa scuola).<br />

L’evidente apporto della tradizione dell’arte folkloristica<br />

slovacca e rumena alla pittura naïf serba è un esempio che

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