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adattarsi Moquette e carta da parati, pia - Segnalo.it

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FAMIGLIE CRESCITA SICUREZZA<br />

All'inizio è sempre geografia.<br />

Parola che mi porta a casa, parola che mi porta via.<br />

Basta pensarla, ne nasce storia.<br />

È il primo inverno della v<strong>it</strong>a che ricordo. La notte cala presto.<br />

In cucina, vicino al fuoco, io e la nonna. Scoppiettio della legna e lenta sonnolenza, dentro. Fuori è<br />

il finimondo <strong>da</strong> tormenta, acqua, grandine, tuoni e fulmini. Il vento si infila tra le <strong>pia</strong>gne del tetto,<br />

nelle fessure delle finestre muove vetri e telai, fa tremare le porte, ulula, fischia e risucchia tra le<br />

scale e il solaio.<br />

La nonna sta apparecchiando. La sua presenza argina e dissolve ogni paura possibile. E la mia<br />

forza, la mia sicurezza. Sostiene la casa tutta e il mondo intorno.<br />

«Bimbo! vai di sopra a prendere due mele che la nonna è stanca e non sta tanto bene.»<br />

È una richiesta spaventosa! Si tratta di uscire in corridoio, salire le scale fino al primo <strong>pia</strong>no, aprire<br />

la porta cigolante scura e pesante della sala, attraversarla che, nell'angolo, sulle assi del<br />

pavimento sono conservate le mele dell'orto per l'inverno.<br />

Dire no alla nonna non si può. Dire sì come si fa? Di là <strong>da</strong>lla porta della cucina c'è il buio, gli<br />

spifferi gelidi, i rumori, le scale che <strong>da</strong>l fondo non si vede in cima. La paura.<br />

«Non avrai mica paura? Questa è la nostra casa e tu sei già un ometto.» Devo farlo. Non c'è<br />

dubbio. «Lascia la porta aperta così ci vedi.» La scala è ripi<strong>da</strong>, gli scalini altissimi, sarà dura. I<br />

primi scalini li faccio in ginocchio tirandomi su a fatica.<br />

«Come va?» la voce della nonna mi rincuora. «Nonna.» «Sì, bimbo.» «Va bene, nonna.»<br />

La voce combatte la paura. Mi alzo in piedi e attaccato al corrimano salgo.<br />

Ogni scalino, prima un piede poi tutti due, un richiamo. «Nonna.» «Sì, bimbo.» «Sono qui.»<br />

«Bravo.» «Va bene.» «Bravo.»<br />

Dieci scalini, è fatta, spingo la porta e la grande stanza è tutta ombre.<br />

Solo la voce mi può aiutare. Più forte: «Nonna». «Sì, bimbo.» «Sono qui. Nella sala.»<br />

«Bravo. Prendi due mele e portale giù. Attento a non cadere.»<br />

Occhi e orecchie sbarrati arrivo alle mele e mi volto. La luce fioca che sale col tepore del fuoco,<br />

adesso in fronte, fa più facile il r<strong>it</strong>orno, ma le gambe mi tremano e devo sedermi sul primo scalino<br />

per riprendermi.<br />

Due mele nelle mani: «Nonna, ecco». L'ecc<strong>it</strong>azione addosso e l'orgoglio di aver compiuto<br />

l'impresa.<br />

«Bravo bimbo, diventi grande alla svelta e la nonna è contenta, si può fi<strong>da</strong>re di te. A tavola,<br />

adesso, che la cena stasera te la sei gua<strong>da</strong>gnata come un ometto.»<br />

Questo è il primo ricordo che lego alla scoperta del mondo. Una scoperta concentrica per<br />

allargamento. ...<br />

In Giovanni Lindo Ferretti, Reduce, Mon<strong>da</strong>dori, 2006, 41-43<br />

in Giovanni Lindo Ferretti

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