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s‟interrompevano con disturbi vari e che nella lontana Inghilterra l‟astronomo<br />
Richard Christopher Carrington stava notando sulla superficie solare delle<br />
macchie scure da cui sembrava si originasse un flusso biancastro di luce, cosa<br />
che permise la formulazione di nuove ipotesi molto più plausibili sulla natura<br />
delle aurore, la cui origine andava cercata proprio nelle perturbazioni che<br />
sconvolgevano la superficie solare esterna, e l‟eliminazione di vecchi modelli<br />
che spiegavano gli archi luminosi come lampi d‟alta quota o riflessi degli iceberg<br />
nel cielo. No, tutto ciò era lontano dai pensieri di Jedediah, che per quanto potesse<br />
vantare una blanda infarinatura astronomica grazie al tomo di J. J. Bode,<br />
certo non poteva immaginare che la fonte di quelle fantastiche colate luminose,<br />
trasparenti e tremolanti fosse la tempesta magnetica solare che originava un<br />
“vento” di particelle cariche di energia, raggiungeva il campo magnetico terrestre,<br />
interagendo con esso e con i gas presenti nell‟alta atmosfera, e produceva<br />
le singolari cascate di luce. Ma lo spettacolo era degno di essere seguito con<br />
attenzione, fino al suo esaurirsi, così Jedediah, preparata la pipa, il tabacco,<br />
l‟acciarino e la pietra focaia, caricato il fucile, copertosi con un giaccone di pelle<br />
di bisonte e un cappello in vello di capra, dato che l‟estate andava esaurendosi<br />
velocemente e i rigori dell‟autunno già si facevano sentire a quelle altitudini,<br />
la notte del 27 uscì dalla cabin e s‟inerpicò sul costone roccioso alle spalle<br />
dell‟abitazione, niente più che una collina ricoperta di abeti cui aveva dato il<br />
nome di Star Mount, dato che nei mesi estivi sulla sua cima sembrava posarsi<br />
una stella luminosissima, in realtà, come aveva appreso dal suo libro, il pianeta<br />
Giove nel suo transito attraverso le costellazioni. Dalla cima dell‟altura si poteva<br />
avere un bellissimo colpo d‟occhio sulla valle boscosa al di là, una specie<br />
di anfiteatro naturale circondato dalla catena delle Uinta, che nelle notti di luna<br />
piena poteva essere distintamente risolta nei suoi particolari, quasi fosse illuminata<br />
dall‟alto da un potente faro che permetteva anche di muoversi nel folto<br />
senza accendere alcuna torcia o lanterna. Jedediah si era trovato una radura di<br />
abeti che terminava con delle rocce protese sul vuoto, ottimo punto<br />
d‟osservazione sia per la valle che per il cielo, e si era appena acceso la pipa<br />
con il fuoco dell‟acciarino appiccato su un legnetto secco, tirando due soddisfacenti<br />
boccate di fumo aromatico sotto la volta celeste illuminata da sprazzi<br />
scarlatti, che formavano ora immensi archi diafani ora spiraleggianti onde di