" LA LAVANDINA " La lavan<strong>di</strong>na , oggi non più in uso, è <strong>di</strong>visa in due parti. Nella parte A le donne mimano il lavare, utilizzando un fazzoletto, inginocchiate ora su una gamba ora sull'altra, mentre gli uomini girano attorno seguendo il ritmo della musica. Nella parte B le donne sceglievano i cavalieri. <strong>Il</strong> fazzoletto veniva tenuto in mano mentre la coppia eseguiva dei passi simili allo scottisch, l' informatore parla <strong>di</strong> "marcia vecchia" con saltelli meno accentuati e pochi spostamenti. Succedeva spesso che le donne fossero in numero inferiore agli uomini. A questi toccava rimanere in <strong>di</strong>sparte fino a quando, seguendo il ritmo e i movimenti del ballo, riuscivano a sfilare il fazzoletto alla coppia, acquisendo perciò il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ballare con la dama. La parte B era eseguita tante volte quante decidevano i suonatori. <strong>Il</strong> ballo riprendeva poi con la parte A, dove si riprendeva a mimare il lavare.
In un area compresa tra Albino e la Val Gan<strong>di</strong>no è stata accertata la presenza <strong>di</strong> almeno tre<strong>di</strong>ci suonatori operanti in questo secolo. Tutti questi baghetér possedevano strumenti simili tra loro. Probabilmente <strong>di</strong>versi strumenti uscirono dalla stessa famiglia <strong>di</strong> costruttori, i Pezzera, detti Pi-ù, <strong>di</strong> Rova (frazione <strong>di</strong> Gazzaniga). Sud<strong>di</strong>videndo i suonatori per paese abbiamo: Albino. A Merano (frazione <strong>di</strong> Albino) suonava Pietro Pezzera (1890-1972), secondo la testimonianza del figlio Andrea (n. 1933) . <strong>Il</strong> padre, conta<strong>di</strong>no, suonava anche quando scendeva a Comenduno e smise in tempo <strong>di</strong> guerra, attomo al 1940. Aveva probabilmente acquistato lo strumento da giovane nel 1905 prima <strong>di</strong> sposarsi dai Pezzera <strong>di</strong> Rova, suoi cugini. <strong>Il</strong> figlio Andrea ha riconosciuto con certezza lo strumento secondo lui identico a una copia del baghèt. Lo strumento dei padre <strong>di</strong>fferiva solo negli anelli <strong>di</strong> abbellimento, costituiti nel suo caso da robusti anelli d'osso. Andrea Pezzera si ricorda ancora oggi come era costruita l'ancia doppia per la <strong>di</strong>ana, in quanto il padre aveva più volte tentato <strong>di</strong> insegnargli il proce<strong>di</strong>mento costruttivo. Tale ancia è identica a quelle approntate da Giacomo Ruggeri e descritte alla tavola 25. Rova (frazione <strong>di</strong> Gazzaniga) . Qui era presente la già menzionata famiglia dei Pezzera, Pi-ù, suonatori e costruttori. Semonte (frazione <strong>di</strong> Vertova). Originari <strong>di</strong> Semonte erano i Maffeis, Serì. Due erano i suonatori: Michele Guerino, conta<strong>di</strong>no, scomparso attorno al 1940 all'età <strong>di</strong> 72 anni, e il figlio Piero, prima conta<strong>di</strong>no e poi operaio, morto <strong>di</strong> silicosi nel 1959. Altro suonatore era Alessandro "Pescerì" Pezzera (1905 - 1976) Gan<strong>di</strong>no. Qui suonava Valentino Savoldelli, conta<strong>di</strong>no, detto Parécia (1859-1924), Quirino Picinali (1880-1962), falegname. Batistì de Ca da Pozz, conta<strong>di</strong>no. Di lui si ricorda Giuseppe Loverini al quale, allora bambino, è rimasto impresso il fatto che Batistì suonasse tenendo il sacco sotto il braccio destro, così che il bordone rimaneva penzolo. A questi va ad aggiungersi Gabriele Servalli, detto Bi-ili le Clapa, scomparso nel 1948, che terminò <strong>di</strong> suonare all' incirca prima della grandeguerra. Lo strumento del Servalli fu ritrovato dai figli nascosto nel sottotetto, oramai però in completo <strong>di</strong>sfacimento, e <strong>di</strong> conseguenza fu gettato via. Casnigo. Nutrito era il gruppo <strong>di</strong> suonatorí <strong>di</strong> Casnigo. Troviamo il Cattaneo, detto Ruina, falegname, scomparso attorno al 1970, i due Fiaì, Luigi Zilioli (deceduto nel 1923 all'età <strong>di</strong> 67 anni) ed il figlio Giacomo (1906-1974), entrambi conta<strong>di</strong>ni e infine Michele Imberti detto Nano Magrì, anche lui conta<strong>di</strong>no, morto nel 1929 all'età <strong>di</strong> 64 anni, il cui strumento passò al nipote Giacomo Ruggeri detto Fagòt (1905-1990), conta<strong>di</strong>no e unico suonatore da me conosciuto. Ben ra<strong>di</strong>cata era quin<strong>di</strong> la presenza <strong>di</strong> suonatori nella me<strong>di</strong>a Valle Seriana. Quasi uniformemente questa comunità <strong>di</strong> musicisti smise <strong>di</strong> suonare attorno agli anni '40. Da notare come la maggior parte fosse <strong>di</strong> estrazione conta<strong>di</strong>na. I pochi che non lo erano facevano <strong>di</strong> professione gli artigiani. Viene quin<strong>di</strong> smentito il luogo comune che vuole legare il baghèt alla <strong>di</strong>mensione sociale dei pastori. Conta<strong>di</strong>ni erano i suonatori e conta<strong>di</strong>na era la cultura che permeava l'espressività del baghèt, legato alle sere d' inverno trascorse nella stalla. Così pure l'ambito temporale in cui si adoperava la piva era conseguentemente legato a
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