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Il Canto di Tradizione Orale Il Canto di Tradizione Orale

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trovare un adeguato contesto e riconoscimento ufficiale in Abruzzo.<br />

Emiliano Giancristofaro e in minor misura Lomax hanno raccolto anzi mietuto l’unica poca messe<br />

rimasta tra gli anni 50 e 60, consegnandoci un repertorio misto ormai irrecuperabilmente marcato<br />

da un leggibile folklorismo.<br />

Un esempio Scura Maje. Scura Maje è molto conosciuto ed in realtà è una paro<strong>di</strong>a del canto funebre<br />

abruzzese, veniva cantato dalla vedova del Carnevale, la più importante festa in Abruzzo, un<br />

maschio en travestì, durante il corteo funebre grottesco del carnevale. Una versione probabilmente<br />

poco rimaneggiata ce l’ha lasciata Lomax e cantata dal celebre Giuseppillo <strong>di</strong> Scanno mentre<br />

Giancristofaro riporta una versione tangata, su cui esistono ipotesi tanto esotiche quanto<br />

inverosimili, e cantata dalla celebre solista Antonietta D’Angeloantonio del gruppo folkloristico <strong>di</strong><br />

Vasto. <strong>Il</strong> lamento funebre è la forma mono<strong>di</strong>ca più arcaica <strong>di</strong> ritualizzazione del dolore. Troppo lungo<br />

il tempo richiesto per declinare tutti i vari tipi <strong>di</strong> canti e circostanze della vita associati al canto<br />

mono<strong>di</strong>co (ninnananne, canti a suspitte, alcune ballate, le ottave improvvisate). Invece lu avete e lu<br />

basse sono la base del canto bivocalico (tipico dei canti <strong>di</strong> questua: Pasquetta, San’Antonio,<br />

Passione). Quasi sempre un canto bivocalico si traduce in polivocalità se sono presenti più <strong>di</strong> tre<br />

persone come nell’esecuzione della celebre ballata la fija <strong>di</strong> Caitanelle, o le funtanelle. La<br />

polivocalità è la costruzione musicale indefinibile basata su un ingresso ad libitum dettato dall’uso e<br />

dall’abitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> più voci intorno al basso ma anche in duplicazione in sor<strong>di</strong>na all’avete. Non esiste<br />

musica tra<strong>di</strong>zionale polifonica tranne forse che nel caso dei Tenores sar<strong>di</strong>!<br />

Prima caratteristica della Musica <strong>di</strong> Tra<strong>di</strong>zione orale è il Timbro espressivo che è la qualità più<br />

importante. Ben si sposa foneticamente con il <strong>di</strong>aletto. In fatti il <strong>di</strong>aletto ha potenzialità vocali<br />

enormemente maggiori dell’Italiano che vengono <strong>di</strong> solito arrangiate in strummotti (<strong>di</strong>stico <strong>di</strong><br />

endecasillabi). <strong>Il</strong> timbro tra<strong>di</strong>zionale ha una frequenza formantica intorno a 2000-4000 Hz ma ha<br />

parziali elevatissimi fino ad oltre i 16.000 hertz. Una simile performance richiede un atteggiamento<br />

fonetico ed anatomico tipico, detto a Gola Tesa e deriva dal fatto <strong>di</strong> dover conciliare il canto col<br />

lavoro, col camminare, col farsi sentire, con la fatica fisica in generale. Infatti, nel canto spesso non<br />

esiste battuta e metrica precisi ma è il movimento a dare la scanzione, se il movimento rallenta<br />

anche il dettato musicale si allunga asimmetricamente. Oppure se il cantore non se lo ricorda e<br />

improvvisa. Altri esempio sono i canti processionali. Altre caratteristiche tecniche della musica <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione orale è non solo la non mensurabilità ma anche appoggiature in e (eeEEE), i portamenti,<br />

la vocalizzazione al termine della frase melo<strong>di</strong>ca e lo stop glottale. La voltata è un cambiamento del<br />

modulo melo<strong>di</strong>co e ritmico che <strong>di</strong>viene mensurabile e determina un sensibile cambio dell’atmosfera<br />

musicale si trova con frequenza come ad esempio ne la partenza, etc<br />

Che <strong>di</strong>re poi dei pregi/<strong>di</strong>fetti? del canto tra<strong>di</strong>zionale, gioia degli antropologi e dolore dei maestri <strong>di</strong><br />

corali, non è temperato e manifesta sfrontatamente un numero <strong>di</strong> “note” maggiore <strong>di</strong> quante se ne<br />

possono scrivere nel pentagramma. E' per questo che il canto tra<strong>di</strong>zionale quasi mai si avvale <strong>di</strong><br />

strumenti e comunque il passaggio all’uso <strong>di</strong> strumenti con note fisse rappresenta già un<br />

impoverimento musicale cosi come il passaggio dall’uso <strong>di</strong> strumenti a toni non fissi e suono<br />

variabile come la scupine a strumenti come la dubbotte che ne rappresenta la più facile

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