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argomenti 2.pdf - Acta Otorhinolaryngologica Italica

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Le ernie meningoencefaliche dell’osso temporale<br />

ossei del temporale è molto maggiore rispetto a quella delle<br />

EME spontanee 3 . Diverse teorie eziopatogenetiche sono<br />

state proposte per spiegare tale condizione patologica 3 4 .<br />

Tra i fattori patogenetici proposti ricordiamo la normale<br />

variazione della pressione intracranica, la pulsazione del<br />

liquido cefalorachidiano, l’infiammazione a basso grado o<br />

la presenza di granulazioni aracnoidee aberranti. Si ritiene<br />

che in presenza di limitati difetti ossei per lo sviluppo di<br />

una EME sia necessaria la contemporanea presenza di un<br />

difetto congenito o acquisito della dura madre, mentre in<br />

caso di difetti ossei più estesi, l’effetto del peso del lobo<br />

temporale sulla dura scoperta, insieme all’effetto della sua<br />

pulsazione, siano cause sufficienti a indurre la protrusione<br />

di tessuto meningeo e/o encefalico nell’osso temporale.<br />

Una EME si forma, più frequentemente, attraverso una<br />

deiscenza della parete antero-superiore dell’osso temporale,<br />

quindi con coinvolgimento della fossa cranica media.<br />

Più raramente il difetto è localizzato a livello della parete<br />

postero-superiore con conseguente protrusione di tessuto<br />

cerebellare dalla fossa cranica posteriore. Questo evento è<br />

conseguente, in genere, a danni iatrogeni in pazienti plurioperati.<br />

La più alta frequenza di EME della fossa cranica<br />

media è da mettere in relazione alla presenza di uno strato<br />

osseo più sottile a questo livello ed all’effetto diretto del<br />

peso e della pulsazione del lobo temporale.<br />

La presentazione clinica è spesso mascherata dai sintomi<br />

correlati a patologie associate, quali otorrea purulenta, otalgia<br />

ricorrente e vertigini nell’otite media cronica con o senza<br />

la presenza di colesteatoma, rendendo spesso difficile la<br />

diagnosi se non si completa la valutazione clinica con esami<br />

radiologici adeguati. Disturbi più specifici della presenza di<br />

una EME, come otoliquorrea, meningite, ascesso cerebrale,<br />

attacchi epilettici, sono meno frequenti, ad eccezione delle<br />

forme spontanee nelle quali non vi sono sintomi dovuti alle<br />

patologie associate a mascherare il quadro clinico. Anche<br />

in questi casi, tuttavia, sono più frequenti i sintomi aspecifici<br />

come l’ipoacusia trasmissiva monolaterale o i disturbi<br />

dell’equilibrio. L’aspetto otoscopico caratteristico di una<br />

EME è quello di una massa pulsante endotimpanica o di<br />

un versamento endotimpanico trasparente; talvolta invece,<br />

il quadro otoscopico può essere aspecifico (soprattutto nei<br />

casi già sottoposti a trattamento chirurgico) oppure negativo.<br />

I test audiometrici non mostrano alterazioni specifiche.<br />

L’ipoacusia trasmissiva può essere dovuta alla presenza di<br />

un versamento di liquor nell’orecchio medio, all’ostacolo<br />

al movimento della catena dato dal materiale erniato o a patologie<br />

concomitanti. Quando vi sia il sospetto clinico della<br />

presenza di una EME, è necessario eseguire una completa<br />

valutazione radiologica, comprendente TC e RM 5 . La TC<br />

ad alta risoluzione con sezioni assiali e coronali è utile per<br />

definire presenza, localizzazione, numero e dimensioni del<br />

difetto osseo, mentre non riesce a differenziare la natura<br />

del tessuto in continuità con tale difetto, che appare della<br />

densità dei tessuti molli. Per la diagnosi differenziale con<br />

altre patologie dell’orecchio medio è necessario eseguire<br />

una RM, nella quale il tessuto cerebrale erniato appare come<br />

un massa non captante il mezzo di contrasto, in continuità<br />

con il tessuto encefalico ed isointensa ad esso in tutte le<br />

sequenze. Le sequenze RM T2-pesate, in sezione coronale,<br />

sono generalmente le più utili per la diagnosi.<br />

La scelta dell’approccio chirurgico deve essere effettuata<br />

tenendo in considerazione vari fattori, tra i quali eziologia,<br />

posizione e dimensioni dell’ernia, funzionalità uditiva preoperatoria<br />

e possibilità di recupero uditivo, eventuale presenza<br />

di patologie associate (otite media cronica, colesteatoma) o<br />

di liquorrea attiva intraoperatoriamente. La via transmastoidea<br />

è stata utilizzata per il trattamento di ernie di piccole<br />

dimensioni localizzate a livello della fossa cranica media o<br />

posteriore e nei casi in cui era necessario il contemporaneo<br />

trattamento di una concomitante patologia dell’orecchio<br />

medio (otite media cronica o colesteatoma). La via della<br />

fossa cranica media è stata utilizzata in maggior misura<br />

per il trattamento delle EME spontanee, per le quali, non<br />

essendo presenti ulteriori patologie a carico dell’orecchio<br />

medio, è preferibile il trattamento “dall’alto”, sezionando<br />

l’ernia al colletto e lasciandola nella cavità dell’osso<br />

temporale così da agire essa stessa come barriera contro<br />

la diffusione di infezioni nel compartimento endocranico.<br />

In questo modo, inoltre, non si rende necessaria nessuna<br />

manipolazione della catena ossiculare nemmeno per le ernie<br />

localizzate a livello del tegmen tympani, medialmente alla<br />

catena. Il tessuto cerebrale sezionato e lasciato nell’orecchio<br />

medio va incontro progressivamente a processi di atrofia.<br />

La formazione di un ematoma extradurale, causato dallo<br />

scollamento durale, è una possibile complicanza di questa<br />

tecnica. Nel presente studio tale evento si è verificato<br />

in un solo caso fra quelli trattati mediante questa tecnica<br />

(2,7%). L’obliterazione dell’orecchio medio è stata utilizzata<br />

soprattutto nei casi di EME iatrogena, spesso in pazienti<br />

plurioperati, che presentavano scarse o nulle possibilità di<br />

un soddisfacente recupero uditivo. Questa tecnica, inoltre,<br />

appare più sicura nei casi di ernie di grosse dimensioni e/o<br />

in presenza di abbondante liquorrea intraoperatoria 6 . La<br />

tecnica combinata è stata utilizzata in una piccola percentuale<br />

di casi (4 su 133,3%) in quanto non sembra offrire<br />

vantaggi rispetto alle altre tecniche chirurgiche proposte.<br />

Per la ricostruzione del difetto osseo è possibile utilizzare<br />

diversi materiali. Risultati migliori in termini di riduzione<br />

delle recidive sono assicurati dall’utilizzo di tecniche di<br />

riparazione multistrato 7 . Nel caso della concomitante presenza<br />

di patologie dell’orecchio medio che richiedano un<br />

trattamento chirurgico, quest’ultimo può essere eseguito in<br />

un secondo tempo, ad alcuni mesi di distanza, permettendo<br />

il consolidamento della riparazione del difetto osseo<br />

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