29.05.2013 Views

Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Il problema della riflessione critica sull’esperienza religiosa, colta fenomenologicamente<br />

nei suoi elementi essenziali, diveniva così il punto nodale di una possibile<br />

“filosofia della religione” su basi fenomenologiche. A questo riguardo, e cioè quanto<br />

alla più precisa determinazione dei rapporti tra filosofia e religione, Scheler si limitava<br />

però alla proposta del cosiddetto “metodo di conformità”. Tra religione e metafisica,<br />

pur nella diversità ed autonomia degli iter fondativi e degli oggetti intenzionali (l’essere<br />

assolutamente “santo” da un lato e l’essere assolutamente “reale” dall’altro), deve<br />

esserci conformità nelle loro affermazioni, dato che esse confluiscono pur sempre<br />

nell’unica realtà dell’Ens a se assoluto e santo. Ma in Scheler notai anche due preziose<br />

indicazioni ulteriori, che più tardi scoprii costituire come i punti d’attacco per il passaggio<br />

da un’impostazione esclusivamente fenomenologica ad un’impostazione ermeneutica<br />

o fenomenologico-ermeneutica della filosofia della religione. Anzitutto l’indicazione<br />

che il metodo di conformità non andava inteso nel senso di un semplice parallelismo tra<br />

metafisica e religione, bensì nel senso di una reciproca correzione e di un vicendevole<br />

arricchimento, secondo quella forma d’incontro che Gadamer avrebbe chiamato “fusione<br />

di orizzonti”. Infatti, come Scheler diceva, «il vero Dio non è così vuoto e rigido<br />

come il Dio della metafisica. Il vero Dio non è così particolarizzato e pieno di vitalità<br />

come il Dio della pura fede». In secondo luogo, l’indicazione che l’analisi fenomenologica<br />

non è senza pre-comprensioni (anche se il termine Scheler non l’usava ancora); e<br />

che tra le precomprensioni dell’analisi fenomenologica della religione v’è anzitutto la<br />

precomprensione antropologica. Difficilmente, infatti – egli osservava in polemica con<br />

la nascente “teologia dialettica” barthiana – è pensabile che un uomo che fosse costituzionalmente<br />

chiuso ad ogni prospettiva di trascendenza o di trascendimento rispetto alla<br />

Umwelt mondana, ed in generale rispetto al mondo della scienza e della tecnica funzionali<br />

alla prassi di dominio del mondo, possa essere in grado di fare un’autentica esperienza<br />

religiosa; questa è infatti, per natura sua, esperienza di trascendimento di tutto<br />

ciò che è mondano.<br />

3. L’incontro con le filosofie ermeneutiche e il problema del rapporto tra filosofia e teologia<br />

Tra gli autori che più avevano colto la seconda indicazione di Scheler sopra citata,<br />

incontrai in quegli anni Karl Rahner, di cui lessi con avidità il famoso Hörer des Wortes,<br />

appena uscito in nuova edizione nel 1963. Rahner, non senza influssi del pensiero di<br />

Maurice Blondel, di Karl Barth, di Martin Heidegger e anche di Gabriel Marcel, proponeva<br />

la fondazione di una filosofia della religione sulle basi di un’antropologia originariamente<br />

aperta al mistero dell’essere. Ma ben rilevava che la filosofia non è in grado di<br />

conoscere tale mistero, e quindi di elaborare in proprio una concezione della religione, se<br />

esso non si rivela a noi nella storia con una parola che l’uomo è in grado di ascoltare pro-<br />

13

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!