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Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

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Al confronto, Mario Vegetti osa, tutto sommato, ancora di più, perché esordisce con un<br />

Socrate che, avendo finito di raccontare quell’opera che conosciamo come la Repubblica di<br />

Platone, continua dicendo: «Credevo, a questo punto, di aver finalmente condotto a termine il<br />

lungo viaggio nel discorso che ci aveva portato da quaggiù a lassù, dalla notte del Pireo alla luce<br />

della “bella città” e dei premi che attendevano l’uomo giusto in questo e nell’altro mondo. Il<br />

primo chiarore dell’alba lambiva ormai il portico...». Ed ecco l’imprevisto: nella sala si agita,<br />

novello Trasimaco, uno straniero rozzo e barbuto, dalla voce potente, il quale pretende di parlare<br />

ed esordisce così: «Ma che favole ci vieni raccontando, Socrate? Prima dicevi che bisogna proibire<br />

alle balie di terrorizzare i bambini con le storie dell’orco e dell’uomo nero, e ora provi a spaventare<br />

gli adulti con queste … chiacchiere sull’aldilà, i viaggi dell’anima e i giudizi di<br />

Minosse?». Lo straniero insiste perché Socrate torni al tema della politica e procede quindi ad<br />

avanzare delle riserve sul comunismo della Repubblica, un comunismo che egli giudica non<br />

abbastanza radicale perché il Socrate della Repubblica ha appena delineato una poco rassicurante<br />

città di sudditi. Ed ecco che il discorso acquista subito una sua insospettata punta di plausibilità,<br />

come se il dialogo a noi noto continuasse in un undicesimo libro lanciando e discutendo qualche<br />

nuova idea, con Trasimaco che cerca di intromettersi e Socrate che trova il modo di obiettare<br />

qualcosa a Marx: i filosofi socratico-platonici sono poi così diversi dalla classe (dei proletari) che<br />

ha coscienza di sé e prende il potere anche per conto – oltre che nell’interesse – del popolo? Ciò<br />

che in tal modo perviene a prendere forma è uno stimolante confronto a distanza che il lettore<br />

competente avrebbe motivo di non lasciar cadere frettolosamente. Ed ecco che abbiamo, di<br />

nuovo, una bella provocazione a sviluppare dei pensieri sulla base di un accostamento senza dubbio<br />

ardito, ma non innaturale e non improponibile. E c’è dell’altro: Vegetti ci ha dato un esempio<br />

credibile di come si potrebbe provare a dare un qualche seguito ai dialoghi platonici, compito che<br />

è stato tante volte prospettato, ma senza tradursi in strade praticabili. Un altro punto a favore!<br />

Siamo insomma in presenza di due felici invenzioni, oltretutto di agile lettura, che a mio<br />

avviso varrebbe proprio la pena di far conoscere largamente agli studenti di liceo e in altri contesti<br />

comparabili.<br />

Detto questo, molto altro resterebbe da notare e commentare: il fatto di confrontarci con<br />

un Aristotele che funge da autore, da personaggio, da protagonista e da intellettuale leader del<br />

dialogo, oppure la singolare natura delle note apposte dal Vegetti alla sua introduzione, note nelle<br />

quali egli si diverte a stravolgere dati editoriali noti, come ad es. quando scrive: «Cfr. in proposito<br />

S. Pastaldi-Gambese, Bendidie, in M. Vecchietti (a cura di), Platone, Repubblica, libro I,<br />

Francopolis, Napoli 1998, pp. 6372-7277», alludendo a un articolo di Silvia Gastaldi e Silvia<br />

Campese incluso nel primo volume del grande commento diretto dallo stesso Vegetti e pubblicato<br />

da Bibliopolis... Il divertimento è certamente condiviso da ogni lettore in grado di individuare<br />

a colpo sicuro i nomi giusti, e a maggior ragione da chi ritrova il proprio nome e magari un proprio<br />

libro citati con diciture deformate ma non proprio irriconoscibili. Tutto ciò rientra nel lato<br />

accattivante e plausibile dei due falsi, che sono proprio “d’autore” e di qualità.<br />

Livio Rossetti<br />

S. Gastaldi, Bios hairetotatos. Generi di vita e felicità in Aristotele, Bibliopolis, Napoli 2003, pp. 198.<br />

All’inizio del settimo libro della Politica (VII, 1323 a 14 e ss.), Aristotele si chiede quale<br />

sia il genere di vita più desiderabile: la riflessione aristotelica è volta a individuare la vita migliore<br />

per il singolo cittadino, salvo poi indagare se essa sia valida anche per la collettività politica.<br />

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