Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana
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Renato Pettoello<br />
(Università Statale di Milano)<br />
Si parvis licet componere magnis<br />
Come cominciare? E che tono tenere, dovendo parlare di me stesso? La cosa<br />
migliore mi sembra quella di evitare ogni riferimento personale e cercare di dare conto<br />
invece di quello che faccio. Mi proverò allora a spiegare come, nel corso degli anni, si<br />
siano venuti chiarendo e precisando, almeno ai miei occhi, le mie posizioni filosofiche<br />
ed il senso del mio lavoro. Non è retorica se dico subito che questo processo di chiarificazione<br />
è in gran parte il frutto di discussioni con amici ed allievi e del confronto<br />
costante con gli studenti, oltre che, naturalmente, della mia riflessione personale. Credo<br />
infatti che l’attività didattica, la preparazione dei corsi, la partecipazione a seminari<br />
siano una palestra utilissima, in quanto ci costringono a mettere costantemente alla<br />
prova le nostre convinzioni, ad approfondire temi e problemi, a cercare soluzioni<br />
nuove. Perché, a mio avviso, la ricerca filosofica deve essere sempre anche confronto,<br />
dialogo, discussione aperta e franca.<br />
Ma bando agli indugi. E considerato che, di formazione, sono uno storico della<br />
filosofia, sarà bene chiarire fin da subito come intendo il lavoro dello storico. Ho infatti<br />
maturato la convinzione che non sia possibile fare storia della filosofia, senza una chiara<br />
prospettiva filosofica. Almeno per me. L’accento deve cadere dunque decisamente su<br />
“filosofia” e non su “storia”. Anzi, giungerei a dire che la storia del pensiero ha senso<br />
soltanto se serve a produrre un pensiero nuovo o quantomeno a sorreggere un’indagine<br />
teorica. Perché ritornare indietro, cercare la genesi storica dei problemi filosofici che ci<br />
occupano oggi, ci aiuta a capire meglio la portata e la complessità di questi stessi problemi,<br />
al di là di facili mode e di inevitabili dogmatizzazioni. Inoltre ci consente spesso<br />
di scoprire come alcuni tentativi, che per lungo tempo sono sembrati dei “rami secchi”,<br />
ci si presentino oggi sotto una nuova luce e si mostrino in tutta la loro nuova vitalità e<br />
fruttuosità. Insomma, come dice Leibniz, «il faut qu’on recède pour mieux sauter». Ma<br />
appunto bisogna prepararsi a spiccare il salto in avanti o almeno provarci. Risulterà<br />
allora chiaro come, dal mio punto di vista, non sia possibile fare teoresi senza preoccuparsi<br />
della genesi storica dei problemi, ma neppure fare storia della filosofia senza tensione<br />
teoretica. Questo comporta anche, a mio avviso, che si debba procedere ad una<br />
consapevole selezione dei dati storici. Non tutto è ugualmente importante e significativo.<br />
Mi rendo perfettamente conto che si corre così il rischio di riproporre una visione<br />
teleologica della storia del pensiero. Ma non si tratta di questo. Si tratta di riconoscere<br />
consapevolmente e chiaramente, che nel passato cerchiamo ciò che ci interessa oggi.<br />
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