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Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

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) il bambino ‘innocente e sapiente’. Nel modo in cui il progetto di Lipman è<br />

stato analizzato in Italia a metà degli anni Novanta 4 , si può notare come all’impostazione<br />

costruzionista si sostituisse in modo implicito, non problematizzato, la tesi della naturale<br />

capacità filosofica del bambino, la cui mente, priva di pregiudizi ambientali, conserverebbe<br />

intatta la capacità di attingere la verità e l’assoluto perché vicina alla sorgente della<br />

vita. Secondo questa prospettiva i bambini sono filosofi perché sanno fare domande meravigliose.<br />

Questa enfasi sul bambino naturalmente ‘innocente e sapiente’, espressa con toni<br />

più o meno vibranti, rappresenta il carattere determinante di un secondo modello di ‘filosofia<br />

per bambini’ che ritroviamo in vari autori. Per il filosofo Vittorio Hösle, ad esempio,<br />

solo nell’infanzia, che è paragonata all’età divina, si può veramente filosofare, perché<br />

«per arrivare alla filosofia occorre attraversare un fiume e remare con forza contro la corrente.<br />

Questo fiume è la vita e quanto più diventiamo vecchi tanto più il fiume della vita<br />

diventa largo e difficile da attraversare» 5 . Questo atteggiamento si trova anche nei romanzi<br />

filosofici di Jostein Gaarder, come in Il viaggio di Elizabeth e in Cosa c’è dietro le stelle?<br />

6 . Quest’ultimo è una fiaba in cui si fondono filosofia e poesia; attraverso gli occhi dei<br />

due bambini protagonisti, che provengono da un altro mondo senza confini e senza<br />

tempo, il lettore impara a guardare il mondo con occhi nuovi, superando il pregiudizio<br />

degli adulti verso tutto ciò che è diverso e sconosciuto.<br />

Giuseppe Ferraro, ricercatore alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di<br />

Napoli, in La filosofia spiegata ai bambini 7 racconta l’esperienza di un corso sperimentale<br />

di filosofia in una scuola elementare di San Felice a Cancello, alla periferia di<br />

Caserta, ed esprime la sua convinzione che i bambini siano i più vicini alla filosofia,<br />

allo stupore e alla meraviglia, alla libertà di domandare, perché più vicini alle sorgenti<br />

della vita. La filosofia non è la disciplina dell’imparare a pensare, un esercizio logico<br />

per approdare infine al ‘pensiero critico’, ma è imparare a vivere, sostenere la vita,<br />

prendere la strada che corre dentro la vita. Il filosofo, come il bambino, pone radicalmente<br />

in questione le consolidate e superficiali certezze degli adulti che confondono il<br />

reale con l’esistente perché hanno perso ormai il senso del possibile 8 .<br />

4 Si veda M. Napodano Iandoli (a cura di), “Philosophy for children”. Itinerari metacognitivi per una<br />

didattica del pensiero complesso nella Scuola Elementare, Guida, Napoli 1998; G.C. Bongo, Prime<br />

domande sulle questioni ultime, intervista a M. Napodano Iandoli, «Sophia», III (1999), pp. 53 ss.<br />

5 Cfr. K. Nora-V. Hösle, Das Café der toten Philosophen (1996), tr. it. Aristotele e il dinosauro,<br />

Einaudi, Torino 1999.<br />

6 J. Gaarder, Julemysteriet (1992), tr. it. Il viaggio di Elisabeth, Longanesi, Milano 1997; Id.,<br />

Barna fra Sukhavati (1987), tr. it. Cosa c’è dietro le stelle?, Salani, Cuneo 1999.<br />

7 G. Ferraro (a cura di), La filosofia spiegata ai bambini, Filema, Napoli 2000.<br />

8 Parte dalle stesse premesse e giunge alle medesime conclusioni anche Pina Montesarchio, autrice<br />

del libro La metafisica dei bambini paragonata a quella degli adulti, Morlacchi, Perugia 2003,<br />

che raccoglie le riflessioni e gli interrogativi dei suoi alunni della scuola elementare di Afragola<br />

(Napoli), in seguito alla lettura di alcuni dialoghi platonici.<br />

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