Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana
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sofi e scienziati animati, in gran parte, dal desiderio di raccogliere «in una nuova teoria della<br />
conoscenza i risultati generali e sistematici delle singole discipline»; in particolare il campo privilegiato<br />
di tali ricerche sono le matematiche (p. 58). La «Revue» si caratterizzerà quasi subito<br />
come spazio per voci antirazionalistiche (vi scriveranno Ravaisson, Bergson, Boutroux, Milhaud,<br />
Brunschvicg, Lalande, Le Roy ecc.), alla ricerca di una «nuova filosofia» le cui radici teoretiche<br />
vengono da Le Roy individuate nella «critica alle scienze» e nello spiritualismo di matrice bergsoniana<br />
(p. 65). Sostiene Le Roy che la filosofia non avanza – come le scienze – ma «si agita»,<br />
ed è in grado di cogliere l’atto fondativo, «la profonda motivazione dei noumeni creati dalla<br />
scienza» (p. 72). Il Positivismo, ignorando il ruolo creativo del pensiero (molto tempo prima individuato<br />
da Vico), non attinge a quella «parte oscura» del sapere che solo la Filosofia può illuminare.<br />
Poincaré, a sua volta, rifiuta il convenzionalismo estremo: lo scienziato non crea i fatti,<br />
piuttosto modella un linguaggio che torni utile a enunciare e inquadrare i «fatti bruti» (p. 79). La<br />
nouvelle philosophie, fa notare Polizzi, esalta il pensiero inventivo contro il logicismo statico<br />
positivista, e Boutroux farà infatti appello alla fecondità del contingente, del caso (p. 86);<br />
Meyerson prediligerà un tipo di approccio ai fatti di scienza scevro da ogni ‘svettante’ astrazione<br />
filosofica così come da ogni sistema statico (pp. 85-86). Alcune voci ‘dissonanti’ che trovano<br />
spazio nella «Revue» e di cui nel volume si dà conto, non intaccano il valore complessivo del<br />
dibattito, individuato dall’Autore nel progressivo emanciparsi della nascente riflessione epistemologica<br />
dalla tradizionale gnoseologia.<br />
Il terzo capitolo del volume affronta un tema più specifico, quello del tempo, attraverso le<br />
riflessioni distinte, ma non estranee, di Bergson e Bachelard. Il tempo – categoria mal definita,<br />
secondo Valéry (p. 93) – trova in Bergson il difensore dell’aspetto qualitativo contrapposto al<br />
tempo-misura. Ma questi si è illuso, secondo Bachelard, di riconoscere una «durata continua»,<br />
quando invece si tratta di continuità solo apparente. Il fluire continuo della durata pone due problemi:<br />
rende indiscernibili passato e futuro e non permette di individuare il «cominciamento in<br />
una dottrina degli istanti creatori». Bergson non fa che capovolgere i termini della questione,<br />
sostituendo al «carattere metafisico dell’istante un’artificiale continuità» (pp. 100-101). La<br />
coscienza del tempo è per Bachelard «una coscienza d’utilizzazione degli istanti» (p. 106) e ogni<br />
istante è «complesso», è tessuto insieme alla vita; solo il poeta riesce a mimarlo creando quella<br />
«metafisica istantanea» che è la poesia (cfr. p. 107). Non ne risulta per Bachelard una epistemologia<br />
della temporalità, quanto una nuova «filosofia dialettica della durata» (p. 117), perché a<br />
Bergson manca la dimensione conoscitiva ed esistenziale della dialettica, e in ciò Bachelard è<br />
«consapevolmente hegeliano» (p. 110). Non manca poi il confronto con le teorie fisiche contemporanee:<br />
da quelle di Riemann, con cui Bergson si misura tra «molteplicità discrete o continue»<br />
(p. 126) optando per le seconde, alla Relatività einsteiniana, che pone un divario tra il fisico e il<br />
metafisico a netto vantaggio del primo ambito. Bergson cede, sconfitto dal peso della molteplicità<br />
dei tempi di Einstein; Bachelard corregge il tiro «addolcendo la sconfitta con un richiamo a un<br />
bergsonismo discontinuo» (p. 127). A Bachelard è toccato il compito di reinterpretare in chiave<br />
epistemologica il discorso bergsoniano, semplificandolo e indebolendolo.<br />
La seconda parte del volume affronta alcuni nodi teoretici del «pensiero complesso» in<br />
Michel Serres, inteso come «personaggio concettuale» (p. 133), un pensatore che ha ripreso un<br />
discorso sulla temporalità assumendone tutto il carico «semantico». Polizzi rileva che «la complessità<br />
può dirsi in molti modi», almeno da Leibniz in poi (pp. 137-143). Il quadro più recente<br />
della complessità viene delineato a partire dagli anni Quaranta, quando da un lato crollano gli<br />
ideali di una scienza esaustiva e rigorosa, e dall’altro nasce con la cibernetica la possibilità di elaborare<br />
una teoria dei sistemi complessi. Più tardi vedrà pure la luce la termodinamica del non<br />
equilibrio, nella quale si studiano i processi ove «prevale l’irregolarità caotica e complessa» (p.<br />
147). Passando attraverso la disamina di varie declinazioni del rapporto che la complessità ha col<br />
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