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Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

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‘Leibniz’ di Fichte non equivale sempre a studiare Leibniz. Raggiungeremo questa convinzione,<br />

confermando la problematicità delle «letture prospettiche» 12 (non a caso proposte da<br />

autorevoli studiosi dell’idealismo), quando avremo modo di riflettere, più avanti,<br />

sull’assetto della monadologia, letta secondo la posizione che essa assume nell’evolversi<br />

del pensiero di Leibniz e secondo il senso che le attribuiscono i maggiori protagonisti della<br />

Leibniz-Forschung contemporanea.<br />

Secondo quanto abbiamo sinora stabilito, l’ontologia di Leibniz, a giudizio di<br />

Fichte, dev’essere letta nella prospettiva aperta dalla Critica della ragion pura. Il suo<br />

carattere dogmatico discende dalla partecipazione alla tradizione del cartesianesimo, a cui<br />

pure va attribuito il merito di aver focalizzato l’attenzione sul tema del cogito. L’impianto<br />

interpretativo di Fichte è sottile: Leibniz, come già Cartesio e Spinoza, possono essere<br />

letti come filosofi pre-idealisti in funzione della loro capacità di anticipare il punto di<br />

vista trascendentale. Non solo: se quest’ultimo è l’unico orizzonte vero della filosofia,<br />

allora le loro intuizioni speculative possono essere considerate come germi realizzati –<br />

magari in forma ancora fosca o embrionale – della verità dell’idealismo. Dunque, nel<br />

mentre essi anticipano il sistema dell’Io già ne propongono le prime innervazioni, confermando<br />

che non si può non pensare in modo filosoficamente significativo se non alla<br />

maniera della filosofia trascendentale. Così, secondo Fichte, sia Cartesio sia Leibniz colgono<br />

il momento della «riflessione»: in tal modo anticipano e realizzano un pensiero già<br />

trascendentale, ne costituiscono una traccia, costituendo, nel contempo, una spinta euristica<br />

tesa a realizzarlo nella sua pienezza.<br />

La monadologia è, a sua volta, una metafisica della sostanza retta dal principio di<br />

azione 13 . Azione è energia, dunque movimento. In questo senso la sostanza per Leibniz è<br />

entelechia, è identità dell’atto con sé in quanto determinante la cosa. Il termine fichtiano<br />

che esprime in modo piú ravvicinato questa concezione della sostanza è Tathandlung,<br />

concetto posto a designare l’attività incessante dell’Io che si è già colto, mediante intuizione<br />

intellettuale, come libertà. Anche la sostanza di Leibniz agisce, tende, ma è priva<br />

del momento dell’autocoscienza. Ciò non significa – sottolinea Ivaldo – che Leibniz non<br />

abbia bene a mente la distinzione tra coscienza ed autocoscienza. Ciononostante, i due<br />

momenti in Leibniz appaiono come distaccati ed al cosiddetto momento dell’autocoscienza<br />

egli continua a guardare con un certo distacco a causa del complesso processo di revisione<br />

del cartesianesimo in cui si era impegnato, meditando Locke.<br />

Non si può dimenticare, però, la larga attenzione dallo stesso Leibniz rivolta alla<br />

12 Cfr. R. Lauth, Vernünftige Durchdringung der Wirklichkeit. Fichte und sein Umkreis,<br />

München-Neuried 1994, p. 17.<br />

13 Cfr. G.W. Leibniz, Principî della natura e della grazia, fondati nella ragione, in Scritti filosofici,<br />

cit., v. III, p. 444.<br />

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