Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana
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tutte le premesse, dunque, per passare dall’‘idealismo ontologico’ di Leibniz a quello<br />
trascendentale.<br />
Il testo nel quale compare l’esposizione fichtiana del sistema di Leibniz ha per<br />
titolo Lezioni di logica e metafisica (1797). Qui Fichte commenta gli Aforismi filosofici<br />
(1793) di Ernst Platner. Quest’ultimo aveva ricostruito il percorso leibniziano che conduce<br />
alla costituzione del mondo come aggregato di sostanze semplici, dedicando particolare<br />
attenzione all’analisi dei problemi dello spazio e della materia. Il tratto significativo<br />
è l’accostamento di Leibniz a Kant. Fichte, commentando Platner, considera del<br />
tutto analoga la loro concezione dello spazio fisico, sottolineando come in Kant tale<br />
questione rintracci una propria giustificazione trascendentale e come in Leibniz si radichi<br />
nella «nostra facoltà rappresentativa» 7 . Inoltre, nelle relazioni tra le monadi non vi<br />
sono vincoli tali da escludere l’importanza della categoria della libertà. Questi due<br />
aspetti colpiscono Fichte in modo decisivo. L’intero idealismo trascendentale vuole<br />
essere, a sua volta, un sistema della libertà, pertanto non può venir trascurata la vocazione<br />
relazionale che è parte dello statuto ontologico della sostanza individuale leibniziana.<br />
In più, poiché dall’analisi delle funzioni gnoseologiche della monade emerge una<br />
notevole prossimità rispetto al nuovo sistema della Ragione, allora l’impostazione leibniziana<br />
merita di essere conservata come una lucida preconfigurazione dello stesso<br />
punto di vista trascendentale.<br />
Nelle citate Lezioni Fichte indugia a lungo su questi punti. Ma è soprattutto il confronto<br />
con Kant ad impensierirlo. A giudizio di Fichte, tra l’a priori ed il disincantato<br />
innatismo critico di Leibniz non può porsi una netta distinzione. Quando Kant critica<br />
l’innatismo leibniziano ne fraintende il senso. Fichte ha ben chiaro il rifiuto kantiano dei<br />
concetti innati esposto nell’opera contro Eberhard e le sottili critiche rivolte all’esito anfibolico<br />
del razionalismo di Leibniz contenute nella prima Critica. Come le «forme pure»<br />
di Kant, così i «concetti innati» di Leibniz fanno parte di quel corredo di forme attraverso<br />
cui si organizza l’esperienza e si giudica il mondo. L’analogia tra le due posizioni speculative<br />
non è sinonimo, però, della stretta uguaglianza tra le stesse. Manca a Leibniz l’idea<br />
dell’«unità dell’appercezione» ed un adeguato procedimento deduzionale. A tutto ciò ha<br />
provveduto in parte notevole Kant ed in funzione di ciò Leibniz può essere considerato un<br />
filosofo pre-trascendentale. Quel che rimane da compiere in filosofia lo realizzerà la<br />
Dottrina della scienza. Ciò conferma ulteriormente l’intenzione fichtiana di presentare il<br />
proprio sistema come il completamento della filosofia critica.<br />
Ivaldo sottolinea, nello specifico, che l’idea leibniziana dell’autoinnatismo delle<br />
monadi costituisce, per Fichte, un utile ausilio per la ricerca del fondamento primo della<br />
7 J.G. Fichte, Vorlesungen über Logik und Metaphysik als populäre Einleitung in die gesammte<br />
Philosophie. Nach Plattners philosoph.[ischen] Aforismen 1 ter Theil 1793. Im<br />
Sommerh[alb]j[ahre] 1797, in Gesamtausgabe..., cit., Bd. II 4, p. 212.<br />
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