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Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

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attraverso questo studio ha motivo di riflettere sulla tradizione del leibnizianesimo, ma è<br />

difficile che possa aprirsi nuovi orizzonti interpretativi intorno a quell’intricato articolato<br />

teorico qual è la filosofia di Leibniz. Di diversa natura il giovamento che ne può trarre lo<br />

studioso di Fichte: Ivaldo affronta con rigore l’arduo problema delle fonti del pensiero<br />

fichtiano e chiarisce su quale ramo della tradizione del leibnizianesimo esso s’innesti,<br />

avanzando sensate congetture sui tempi e le modalità della lettura fichtiana degli autori<br />

che mediarono il suo approccio a Leibniz.<br />

Il problema è affrontato con cura da Ivaldo ed il lungo excursus su Leibniz è servito<br />

proprio ad esprimere la differenza tra il piano storico di svolgimento delle questioni e<br />

quello incentrato sull’interpretazione trascendentale della monadologia: in questo modo si<br />

colgono le coordinate del Leibniz di Fichte. Molta parte dell’articolazione del pensiero di<br />

Leibniz rimane, invece, tutta ancora da indagare. D’altra parte, si tratta di una ricerca<br />

dichiaratamente non ancora esaurita, data l’attenzione da Ivaldo concentrata sugli scritti<br />

fichtiani fino al 1802 ed in considerazione dello stato degli inediti, il che costringe gli studiosi<br />

di Fichte a continui ripensamenti interpretativi a causa della tellurica tumultuosità<br />

del suo pensiero. Lo stesso discorso vale per Leibniz, la cui immagine filosofica può essere<br />

in parte destinata a modificarsi con la nuova edizione degli scritti, la pubblicazione dei<br />

quali finalmente procede oggi, dopo molte traversìe, assai piú spedita 32 .<br />

I tanti inediti leibniziani riserveranno, di certo, non poche sorprese nella chiarificazione<br />

dei termini di quel crocicchio teorico qual è il problema dei rapporti tra logica e<br />

metafisica al fondo del suo pensiero, tra il suo nominalismo giovanile ed il teosofismo<br />

maturo. Tutto ciò assieme alla piú diretta conseguenza di definire un nuovo ruolo per la<br />

monadologia. Non è un caso, infatti, che la Leibniz-Forschung dell’ultimo trentennio<br />

abbia, a più voci, insistito sulla necessità di modificare i criteri interpretativi da utilizzare<br />

nella lettura della teoria dei «punti di forza metafisici». C’è chi, come Massimo<br />

Mugnai, non ha esitato ad intendere la dottrina delle monadi come la risposta, articolata<br />

in un altro linguaggio, data da Leibniz alle grandi questioni del continuo e della forza,<br />

che erano scaturite dalla rivoluzione scientifica. Le stesse questioni, in altri termini, con<br />

cui si era confrontato negli anni della produzione logica giovanile. Leibniz, infatti,<br />

rimane un logico per tutta la vita e non dimentica mai l’urgenza delle ricerche matematiche<br />

per poter cogliere le vocalità attraverso cui si esprime la natura anche quando ne<br />

studia il significato ontologico. Pertanto, continuare a pensare a Leibniz come ad un<br />

Giano bifronte costituisce un profondo limite interpretativo, che può arrivare a pregiudicare<br />

la comprensione della sua meditazione.<br />

32 Cfr. G.W. Leibniz, Sämtliche Schriften und Briefe, Berlin 1923 ss. Tale edizione ancora in<br />

corso di tutti gli scritti di Leibniz, patrocinata dapprima dalla Deutsche Akademie der<br />

Wissenschaften e poi sostenuta da vari centri di ricerca tedeschi, annovera finora una trentina di<br />

volumi nel suo catalogo.<br />

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