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Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana

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architettonica delle categorie. Kant rompe lo schema categoriale aristotelico fin dall’inizio della<br />

sua riflessione, cioè fin dal momento nel quale separa sensibilità e intelletto. L’intero ordine della<br />

predicazione aristotelica ne esce sconvolto e il problema logico diviene riduttivamente soltanto il<br />

problema di una «forma del pensiero». Tra categorie e contenuti di pensiero finisce per non sussistere<br />

più alcun nesso. Come osserva acutamente Mirella Capozzi, tale logica non è più un organon<br />

e ha ormai perduto ogni «funzione strumentale». A proposito della natura delle categorie<br />

Kant rifiuta ogni dogmatismo e aspira a una trattazione completa dei campi categoriali. La sua<br />

idea è che si possa cogliere estesamente il modo nel quale l’intelletto contiene aprioristicamente i<br />

nessi che si stabiliscono tra le cose e che ciò sia possibile in conseguenza della assoluta «autonomia<br />

e priorità» della logica nei riguardi delle cose stesse. Nessuna affermazione potrebbe rendere<br />

meglio il senso e la misura del cammino che, sull’argomento delle categorie, è stato compiuto<br />

dalla riflessione filosofica da Aristotele a Kant.<br />

Luigi Guerrini<br />

AA.VV., Tra linguaggi e silenzi. Riflessioni filosofiche, a cura di F. De Natale, Adriatica<br />

Editrice, Bari 2004, pp. 190.<br />

Nell’era delle immagini provocatorie e dei suoni assordanti il titolo del volume risulta<br />

programmaticamente “fuori tempo”. Silenzi, riflessioni… oggi? Sì, perché solo dalla pratica del<br />

silenzio – meditando sui vari settori della creatività (la musica, la poesia, le arti figurative),<br />

accompagnati in questa pratica dalla rilettura di filosofi come Spinoza, Leibniz, Kierkegaard,<br />

Heidegger, Merleau-Ponty – può scaturire la riflessione. Il presente volume, prodotto da un gruppo<br />

di lavoro che fa perno intorno alla cattedra di Ermeneutica filosofica dell’Università di Bari<br />

(con contributi di N. Calamita, A. Caputo, F. De Natale, A. Garganese, A. La Fortezza), nasce<br />

dalla rinnovata fiducia nella possibilità che vi sia spazio per le parole della filosofia e che anzi<br />

queste siano capaci di spiegare il senso dei vari linguaggi (più evidenti, più immediati). La filosofia<br />

non è da sempre meditazione su se stessa e, più ancora, meditazione sulle varie forme in cui si<br />

dispiega l’umano? E il suo strumento d’indagine non è tanto la forza persuasiva della ragione,<br />

come comunemente si ritiene, quanto la relazione, il colloquio.<br />

Ferruccio De Natale, curatore del volume, interviene per primo sulla vocazione dialogica<br />

della disciplina, definendo come “ermeneutica” (ossia esercizio discorsivo di analisi dei testi) il<br />

modo in cui essa si rapporta agli altri ambiti. Nel contributo intitolato Ermeneutica e filosofia.<br />

Appunti sul “Trattato Teologico-Politico” di Spinoza (pp. 3-32) la riflessione di De Natale prende<br />

le mosse dal tentativo spinoziano di interpretare il testo sacro: un’interpretazione che «desacralizza<br />

l’approccio alla Scrittura, umanizzandola» (p. 25). Non a caso De Natale cita un brano<br />

tratto da La mente colorata di Pietro Citati (Milano 2002), in cui si spiega indirettamente in che<br />

cosa consista l’ermeneutica, risalendo alle fonti etimologiche mitiche: «La nuova arte di Ermes<br />

era il logos, il discorso: questa cosa ancipite dove il divino e l’umano, il vero e il falso, ciò che è<br />

levigato e ciò che è aspro e ruvido si confondono nel modo più singolare» (p. 3). Sulla stessa<br />

linea di dialogica coincidenza degli opposti è l’interpretazione che Leibniz dà della musica del<br />

Seicento, al punto che, secondo un antico parallelismo fra discipline, non solo si può parlare<br />

dell’ut musica philosophia (la filosofia come la musica), ma si può definire Leibniz il filosofo<br />

dell’armonia, tanto la sua riflessione fu influenzata dall’analoga ricerca, perseguita dai compositori<br />

barocchi, di un’impalcatura armonica che superasse le dissonanze (è il tema trattato da<br />

Annarita Garganese nel contributo “Concentus ex dissonis”. Leibniz e la musica, pp. 33-80).<br />

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