Bollettino n. 184 - Società Filosofica Italiana
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È in questo contesto storico e teorico che si situano le mie ricerche su quello che<br />
ho chiamato «un altro Ottocento tedesco», cioè su quelle correnti di pensiero, ormai<br />
quasi completamente dimenticate dalla storiografia ufficiale, che ebbero però ampia<br />
risonanza all’epoca e furono il vero terreno di coltura dei problemi filosofici che verranno<br />
ereditati dalla migliore tradizione filosofica del Novecento. Particolarmente interessante<br />
mi pare la figura di Herbart, alla quale ho dedicato numerosi studi. Herbart è<br />
infatti un pensatore per molti versi emblematico. Egli fu infatti una figura di spicco del<br />
dibattito filosofico, non solo tedesco, almeno fino alla prima Guerra Mondiale, ed esercitò<br />
un durevole e significativo influsso, diretto o indiretto, su tutti i protagonisti della<br />
prima stagione filosofica del nuovo secolo, fino a che non cadde in un quasi totale<br />
oblio, travolto dalla rinascita idealista e dalle tendenze spiritualiste e irrazionaliste che<br />
caratterizzarono gran parte della filosofia tra le due guerre. Ma, ciò che più conta, offre<br />
ancora oggi, interessantissimi spunti teorici che in parte sono stati lasciati cadere, in<br />
parte sono diventati “ovvi”, perché ormai acquisiti, ma che hanno perso così la loro<br />
vitalità e la loro produttività. Particolarmente significativi mi paiono i temi legati alla<br />
metafisica e all’ontologia, affrontati con grande modernità da Herbart, e che si inseriscono<br />
perfettamente nel dibattito attuale tra realismo e antirealismo, portando però linfa<br />
nuova, forse proprio perché ci riportano agli albori di questo stesso dibattito, ci mostrano<br />
la fucina ove venivano forgiate le armi del dibattito e i problemi erano ancora incandescenti,<br />
allo stato magmatico. Mi pare cioè che, nel dibattito attuale, soprattutto in<br />
area anglosassone, nonostante esiti particolari di notevolissimo interesse e analisi di<br />
dettaglio di grande raffinatezza, si sia perso di vista il problema di fondo, rischiando<br />
così di cadere nuovamente in posizioni “ingenue”, ove il rapporto tra trascendenza della<br />
“cosa” e immanenza dell’oggetto non risulta chiaro in tutta la sua ricca problematicità.<br />
E in Herbart vi è un interessantissimo tentativo di recuperare la trascendenza, seppure<br />
all’interno di una prospettiva saldamente immanentistica. Insieme ad un profondo<br />
ripensamento del trascendentalismo, nel suo complesso.<br />
Ma un altro aspetto, a mio avviso non secondario, d’interesse per questo «altro<br />
Ottocento tedesco» è il costante dialogo che i pensatori che si situano in questa tradizione,<br />
hanno mantenuto con i saperi particolari ed in ispecie con la scienza. Molti di questi<br />
pensatori avevano eccellenti competenze scientifiche o erano addirittura scienziati di<br />
formazione. Il dialogo con le scienze viene così mantenuto vivo e la filosofia, lungi dal<br />
volersi presentare, come accade con l’idealismo, come la scienza delle scienze che<br />
fagocita gli altri saperi, si presenta essenzialmente come meta-fisica, come scienza di<br />
second’ordine chiamata a riflettere sui dati che vengono forniti dai saperi particolari e<br />
sulle condizioni di possibilità di questi stessi saperi, riconoscendo tuttavia ad essi piena<br />
e totale autonomia e dignità speculativa. Anche di qui viene una lezione importante per<br />
la nostra pratica filosofica attuale. Su questa linea di pensiero, si può tentare di dare vita<br />
ad una filosofia della cultura che elimini completamente la presenza del soggetto. Una<br />
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