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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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insegna l’esperienza) per Baumgarten la bellezza ci fornisce una esperienza<br />

sensibile più luminosa, anche se non necessariamente <strong>di</strong>stinta.<br />

Aisthesis<br />

L’animale è un anti-Cartesio, certamente, ma anche un anti-Kant<br />

avantilettera, e ovviamente anche un anti-Quine e un anti-Gadamer.<br />

Sono gli animali, insomma, che mi hanno portato fuori dell’ermeneutica,<br />

o meglio mi hanno aiutato a superare il dogma ermeneutico secondo<br />

cui non c’è rapporto con il mondo che non sia me<strong>di</strong>ato da linguaggio,<br />

tra<strong>di</strong>zioni e schemi concettuali. Ecco che cosa ho trovato nell’estetica<br />

razionale, che in effetti era una estetica sensuale, e che chiamavo<br />

“razionale” sia perché altre estetiche mi apparivano meno ragionate o<br />

forse ragionevoli, sia perché mi volevo lasciare lo spazio <strong>di</strong> ampliamenti<br />

nel senso <strong>di</strong> una estetica sperimentale, come poi in effetti avvenne, nel<br />

2001, con Experimentelle Ästhetik. Era, in breve, l’estetica nel suo senso<br />

baumgarteniano, dove “aisthesis” significa proprio “sensibilità”, e non<br />

una qualche trappola <strong>di</strong> parole. D’altra parte l’estetica valeva (e qui si<br />

sente una suggestione <strong>di</strong> Garroni) l’idea dell’estetica come “filosofia<br />

non-speciale”, ossia come qualcosa che attraversava tutte le <strong>di</strong>scipline<br />

e che non si riduceva, appunto, alla filosofia dell’arte.<br />

In fondo, c’era modo <strong>di</strong> far quadrare tutti i tasselli. Si capiva perché<br />

l’estetica aveva a che fare con la bellezza, dal momento che la<br />

bellezza è chiarezza. E si capiva perché aveva a che fare con la sensibilità,<br />

giacché questa chiarezza si dà anzitutto ai sensi. Una strada<br />

riemergeva, riconoscibile, e si stabiliva un filo che dall’estetica leibnizia-na,<br />

dove per l’appunto abbiamo a che fare con l’analogo sensibile<br />

della ragione, porta all’estetica trascendentale kantiana, dove l’estetica<br />

è una filosofia “non speciale”, e riguarda per l’appunto le forme pure<br />

della sensibilità, sino a Hegel che, definendo la bellezza come «apparire<br />

sensibile dell’idea», ne riconosce la legittimità ma, interessandosi<br />

soprattutto <strong>di</strong> idee più che <strong>di</strong> sensibilità, la subor<strong>di</strong>na. E non solo:<br />

subor<strong>di</strong>na l’arte, cioè la sfera dell’apparenza, sottomettendola alla filosofia.<br />

Piuttosto paradossalmente, nel riven<strong>di</strong>care la verità dell’arte<br />

contro la scienza l’ermeneutica si manteneva proprio in questo assetto,<br />

ne riconosceva tutto sommato la vali<strong>di</strong>tà, visto che la verità dell’arte<br />

era tutto un mondo fatato, dunque alla fine non vero, e le cose vere<br />

restavano appannaggio della scienza.<br />

Fallacia trascendentale<br />

Ma se le cose stavano in questi termini, allora, del tutto naturalmente,<br />

si dovrà pensare che l’estetica è la migliore via d’accesso alla<br />

più generale delle dottrine, l’ontologia, intesa però non come scienza<br />

dell’essere (dell’essere che non è l’essere dell’ente, cioè del nulla, come<br />

sosteneva Heidegger) ma come scienza degli enti, cioè <strong>di</strong> quelli che più<br />

tar<strong>di</strong> avrei in<strong>di</strong>viduato come oggetti. Quello che facevo con l’ontologia<br />

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