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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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Il mondo della vita e i simboli del moderno<br />

Una prospettiva per l’estetica<br />

<strong>di</strong> Elio Franzini<br />

1. L’estetica è una <strong>di</strong>sciplina che viene notoriamente battezzata nella<br />

nostra modernità. Da questo deriva le sue <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> definizione:<br />

avere una storia antica e un nome nuovo crea problemi <strong>di</strong> identità,<br />

che gli ultimi duecento e passa anni non hanno per nulla risolto. Tale<br />

“modernità”, con l’insieme delle sue aporie, con i suoi “pre-” e i suoi<br />

“post-”, rende sempre più <strong>di</strong>fficile, <strong>di</strong> fronte a un nome e a una storia,<br />

fare “teoria”: l’estetica sempre più appare in un quadro dove sono<br />

implicate ibridazioni, contaminazioni <strong>di</strong> saperi e <strong>di</strong> luoghi, esperienze<br />

<strong>di</strong> intensificazione sensoriale, o <strong>di</strong> suo mutamento e annullamento.<br />

Ciò induce a una riflessione sul “dopo”: il battesimo baumgarteniano<br />

ha dato un nome a una tra<strong>di</strong>zione antica e questo ossimoro vivente,<br />

che sposa l’antico e il moderno, come vive, e in quali prospettive, la<br />

propria esistenza adulta?<br />

In questa riflessione può aiutare il libretto <strong>di</strong> Lyotard sulla con<strong>di</strong>zione<br />

postmoderna, che ritenendo il post-moderno una “parcellarizzazione”<br />

linguistica delle pratiche, definisce il moderno – là ove nasce<br />

l’estetica – come “epoca delle gran<strong>di</strong> narrazioni”, ormai frantumate,<br />

che aprono la strada a un “<strong>di</strong>scorso incompiuto”. Nel suo Discorso<br />

filosofico della modernità, Habermas scrive infatti che il tema della<br />

modernità come progetto incompiuto è per lui un orizzonte tormentoso<br />

proprio a partire dall’opera lyotar<strong>di</strong>ana. Pur in un linguaggio fortemente<br />

influenzato dai retaggi della Scuola <strong>di</strong> Francoforte, delinea la nascita<br />

della modernità sull’orizzonte concettuale del razionalismo, ribadendo<br />

l’affermazione gehleniana che se sono morte le premesse dell’Illuminismo<br />

continuano a vivere le sue conseguenze, costruendo un asse storico<br />

continuistico che piace, appunto, chiamare “modernità”. Per cui,<br />

scrive Habermas, «da questa visuale, una modernizzazione sociale che<br />

prosegue in modo autosufficiente il suo cammino si è separata dalle<br />

spinte <strong>di</strong> una modernità culturale che in apparenza è <strong>di</strong>venuta obsoleta;<br />

essa attua soltanto le leggi funzionali dell’economia e dello Stato, della<br />

tecnica e della scienza, che, secondo quanto si <strong>di</strong>ce, si sarebbero unite<br />

in sistema sul quale non si può esercitare alcun influsso» 1 .<br />

Se ciò comporta una “cristallizzazione” dell’idea <strong>di</strong> modernità, e<br />

dell’estetica in essa, bisogna cercarne la genesi culturale perché anche<br />

questa realtà, oltre a quella sociale, non si cristallizzi, trasformando-<br />

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