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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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sibile solo in un “sentire comune” fondativo dell’intersoggettività, senza<br />

la quale non può darsi alcun atto <strong>di</strong> conoscenza oggettiva 9 .<br />

Il giu<strong>di</strong>zio estetico è dunque il modello – l’idea estetica – per un sapere<br />

antropologico che scaturisce da una relazione originaria (fungente,<br />

intenzionale, trascendentale) tra una comunità <strong>di</strong> senso e il mondo della<br />

vita: la conoscenza certo viaggia attraverso variazioni e mo<strong>di</strong>ficazioni,<br />

nell’incessante movimento del moderno, sempre alla ricerca <strong>di</strong> un suo<br />

“oltre”, la molteplicità degli sguar<strong>di</strong> si dà soltanto con il sentire comune<br />

dei soggetti corporei, le cose appaiono in varie circostanze, ma il senso<br />

del mondo, quello in cui si vive e si pensa, è in una genesi inseparabile<br />

dalle qualità estetiche delle cose così come esse sono per noi. Una genesi<br />

in cui alcuni oggetti – forse quegli oggetti estetici che chiamiamo<br />

opere d’arte – esibiscono nel loro darsi estetico il senso simbolico <strong>di</strong> un<br />

sapere dove il legame tra rappresentazione e concetto mantiene sempre<br />

un fondo <strong>di</strong> anonimia, che non è colmato né da norme assolute né dalle<br />

rappresentazioni affini, dove l’intenzione stessa dei soggetti è nella sua<br />

storicità sempre “fungente” e mai esaurisce la tematizzazione del senso<br />

del fenomeno.<br />

Quin<strong>di</strong>, per avviarsi a una conclusione: le idee estetiche, le opere<br />

d’arte, i giu<strong>di</strong>zi estetici, esibendo l’anonimia del senso e la sua <strong>di</strong>alogicità,<br />

il loro legame originario con la complessità <strong>di</strong> una estetica<br />

soggettiva e intersoggettiva, sono oggi il simbolo dei problemi generali<br />

della conoscenza, della sua origine estetico-sensibile-sentimentale, persino<br />

del “piacere”, dell’accordo precategoriale che è all’origine <strong>di</strong> ogni sapere.<br />

Il problema originario della scienza non è quello leibniziano della<br />

perfezione bensì, come Leibniz più dei suoi seguaci aveva compreso,<br />

del conatus verso <strong>di</strong> essa, che necessariamente si riveste <strong>di</strong> aspetti e<br />

contenuti simbolici. Simboli che sono certo, come Leibniz sottolineava,<br />

strumenti conoscitivi imperfetti, ma che non vanno intesi soltanto<br />

come segni formali e denotativi in quanto sono, come Kant suggeriva<br />

ai leibniziani, contenuti intuitivi, qualità estetico-sensibili, evidenze<br />

esperienziali in cui si manifesta la correlazione tra la natura umana,<br />

nella sua attività trascendentale, e il mondo che esperiamo, il nostro<br />

mondo che “sentiamo” a vari gra<strong>di</strong>, livelli, atteggiamenti.<br />

Quando Husserl, dunque, concludendo la Crisi, parla della filosofia<br />

come riflessione dell’umanità su se stessa e come realizzazione<br />

della ragione, non sta facendo esercizio né <strong>di</strong> retorica filosofica né <strong>di</strong><br />

costruibili territori utopici: prosegue invece un programma avviato sin<br />

dalle sue prime opere, affermando la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un sapere comprensivo<br />

delle istanze chiarificatrici che le cose presentano nelle loro sintesi<br />

qualitative, un sapere capace <strong>di</strong> afferrare l’oggettività del fenomeno<br />

determinandolo me<strong>di</strong>ante concetti e verità oggettive, all’interno della<br />

genesi fondativa <strong>di</strong> un sentire comune che si rinnova sempre <strong>di</strong> nuovo.<br />

La “ragione”, la ragione scientifica, non è una facoltà mitica bensì,<br />

come nel Kant della Critica del Giu<strong>di</strong>zio, esercizio del pensiero, <strong>di</strong><br />

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