Dopo l'Estetica - Università di Palermo
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formula canonica. Sarebbe in gioco, insomma, almeno potenzialmente,<br />
l’apertura <strong>di</strong> un nuovo circuito <strong>di</strong> estetica e arte su cui chiuderò con<br />
qualche rapida osservazione.<br />
5. Dunque: dopo l’estetica, <strong>di</strong> nuovo l’estetica? Sì, certo, ma sotto<br />
un profilo teorico da esplicitare senza equivoci. In modo negativo, intanto.<br />
Non l’estetica che hanno in mente Gadamer e Danto nel momento<br />
in cui ne liquidano la pertinenza adducendo argomenti che, come<br />
ho già accennato, appaiono <strong>di</strong>scutibili. Li riprenderò qui in modo più<br />
completo.<br />
Va anzitutto riba<strong>di</strong>to che per fondare il suo concetto <strong>di</strong> “<strong>di</strong>fferenziazione<br />
estetica” riferendolo alla fruizione artistica moderna Gadamer<br />
deve considerare come acquisiti due presupposti tutt’altro che<br />
scontati. Il primo è che l’estetica sia un sapere specialistico relativo<br />
all’arte e non una riflessione critica sulle con<strong>di</strong>zioni estetiche dell’esperienza<br />
in genere. Gadamer è consapevole <strong>di</strong> questa opzione restrittiva<br />
e lo denuncia nel momento in cui riconosce in Schiller un sostanziale<br />
abbandono della “via trascendentale” (la definizione è dello stesso<br />
Schiller) a vantaggio <strong>di</strong> una considerazione storico-empirica dell’arte,<br />
che si consumerebbe nell’ultima parte delle sue Lettere sull’educazione<br />
estetica. «È connesso all’interno spostamento della base ontologica<br />
dell’estetica schilleriana – egli scrive – il fatto che l’impostazione delle<br />
sue Lettere sull’educazione estetica si mo<strong>di</strong>fica nel corso del suo svolgimento.<br />
Com’è noto, da un’educazione attraverso l’arte si passa a<br />
un’educazione all’arte. Il posto della vera libertà morale e politica, a<br />
cui l’arte doveva preparare, viene preso da uno “stato estetico”, una<br />
società colta interessata all’arte» 33 . Con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>bile o meno, questa interpretazione<br />
consente a Gadamer <strong>di</strong> elaborare il concetto <strong>di</strong> “coscienza<br />
estetica” prescindendo del tutto dal pensiero <strong>di</strong> Kant sull’opera d’arte.<br />
Senza prendere in alcuna considerazione – ecco il secondo presupposto<br />
<strong>di</strong>scutibile – la definizione critica (cioè non-classificatoria) dell’opera<br />
d’arte come esibizione <strong>di</strong> “idee estetiche” che ho richiamato più sopra.<br />
Il motivo è chiaro: nel concetto <strong>di</strong> “idee estetiche” è contenuta la più<br />
netta smentita dell’opinione secondo cui l’esperienza dell’arte offerta<br />
a una “coscienza estetica” non sarebbe più davvero tale – un’esperienza<br />
che mo<strong>di</strong>fica chi la fa –, riducendosi a mera comunicazione <strong>di</strong><br />
Erlebnisse soggettivi. Le idee estetiche, infatti, mettono in evidenza un<br />
movimento <strong>di</strong> riorganizzazione complessiva della facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care in<br />
cui ne va <strong>di</strong> un’estensione dell’or<strong>di</strong>ne stesso dell’esperibile. Questo<br />
punto è decisivo per la mia proposta <strong>di</strong> ricostituzione del circolo tra<br />
estetica e arte e dev’essere rimarcato con forza. L’opera d’arte, per<br />
Kant, <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> un peculiare effetto semantico <strong>di</strong> ridescrizione del<br />
mondo: ha a che fare, insomma, con l’or<strong>di</strong>ne del riferimento, che ne<br />
viene rigenerato. Ciò del resto appare con chiarezza nella ripresa del<br />
tema effettuata da Kant in chiave gnoseologica nel § 59 della Critica<br />
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