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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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conto che la sensibilità e l’immaginazione non bastava a comprendere<br />

cosa potesse essere bello nelle cose. Baumgarten suppose che l’armonia<br />

destasse determinati sentimenti estetici e moti dell’animo; Kant e con<br />

lui Schiller posero il gioco al suo posto. In questo modo, per lo meno,<br />

si spianò la strada all’esperienza della bellezza non solo nelle cose e<br />

nei fenomeni, ma anche nelle rappresentazioni, nei frutti della fantasia,<br />

nei sogni o nei pensieri, perfino in determinati sentimenti, emozioni,<br />

passioni e comportamenti e non da ultimo nella lingua della poesia,<br />

nella quale tutto ciò può essere espresso in modo bello. Ma quali tratti<br />

caratteristici della bellezza permettono ad essa <strong>di</strong> affiorare in particolare<br />

nell’armonia <strong>di</strong> determinate <strong>di</strong>sposizioni?<br />

6. Moses Mendelsohn, in linea con Baumgarten e Shaftesbury, antepose<br />

alla bellezza una “unità del molteplice” e spiegò però la bellezza<br />

soltanto psichicamente derivandola dalla “sensazione”, dal sentimento<br />

del piacere in essa 20 . Con ciò tuttavia non si comprende né come la<br />

bellezza, intesa come il bello nelle cose e nei fenomeni, possa apparire<br />

concretamente, né perché sia piuttosto essa a destare per prima<br />

determinati sentimenti. Oltre a ciò una sensazione alla quale ci si richiama,<br />

non funge certo mai soltanto da situazione emotiva passiva e<br />

soggettiva <strong>di</strong> un appagamento (o <strong>di</strong> un fasti<strong>di</strong>o) in noi stessi, quanto<br />

piuttosto come fiuto e dunque come capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere qualcosa da<br />

qualcos’altro. Come potrebbe altrimenti esservi un criterio nel giu<strong>di</strong>zio<br />

estetico per <strong>di</strong>stinguere il bello gioioso da quello tremendo, e questi<br />

poi da ciò che è monotono e brutto? Non soltanto la ragione procede<br />

analizzando razionalmente e congiungendo, ma anche – contro la consueta<br />

opinione della loro cecità e irrazionalità – i sensi i quali possono<br />

sondare in modo oltremodo sottile e con una “raffinata sensibilità”<br />

dati <strong>di</strong> fatto proprio lì dove le parole che descrivono analiticamente<br />

non arrivano. Pur non<strong>di</strong>meno l’essenza della bellezza non può risiedere<br />

nell’appagamento, il quale è semmai soltanto un modo del nostro<br />

accedere in modo sensibile ad essa e che può anche condurre fuori<br />

strada. In determinate opere, così come in contesti festosi, sereni o<br />

solennemente seri, che vengono a crearsi in certe con<strong>di</strong>zioni, <strong>di</strong>sposizioni,<br />

intrecci, circostanze, situazioni ed esecuzioni chiare o oscure,<br />

<strong>di</strong>stinte o confuse, il sentimento può cogliere lo stato d’animo che<br />

sembra emanare e adornare la bellezza, esprimendo approvazione nel<br />

go<strong>di</strong>mento; ma il go<strong>di</strong>mento può anche mancare la bellezza e cioè –<br />

così come si può notare nel gusto delle masse – concretizzarsi in uno<br />

stravagante sentimento <strong>di</strong> piacere per ciò che è brutto. <strong>Dopo</strong> la critica<br />

<strong>di</strong> Kant a una definizione <strong>di</strong> bellezza soltanto psicologica, pensatori<br />

come Hegel si rivolsero nuovamente alla metafisica platonica, secondo<br />

la quale la bellezza risiede nell’apparire sensibile dell’idea infinitamente<br />

perfetta. Tuttavia nel far questo si è già operata una scelta a favore<br />

della concezione onto-teologica, così che la bellezza viene alla fine<br />

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