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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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Vale la pena <strong>di</strong> sottolineare nell’argomento <strong>di</strong> Fry l’aggiunta spontanea<br />

<strong>di</strong> bellezza e consolazione, dato che getta una certa luce sul rifiuto<br />

Dada della bellezza: perché dovrebbero consolare quelli che fanno la<br />

guerra? È anche più importante comunque riconoscere che se Fry avesse<br />

ragione, il progetto Dada sarebbe compromesso fin dall’inizio, perché<br />

non sarebbe possibile fare un’arte che sia in qualche modo buona senza<br />

farla al tempo stesso bella. L’immenso contributo del Dada alla filosofia<br />

dell’arte è stato quello <strong>di</strong> creare uno scarto concettuale tra l’arte e la<br />

bellezza, scarto in cui confluiscono altre qualità estetiche – anche la<br />

bruttezza – che fanno sì che per gli artisti della guerra tedesca sia possibile<br />

mostrare gli orrori della guerra e usare l’arte come specchio morale.<br />

Kant ha osservato che non c’è niente – con eccezione del <strong>di</strong>sgusto<br />

(Ekel) – <strong>di</strong> così brutto che non possa essere rappresentato come bello,<br />

e la guerra è uno dei suoi esempi 8 . Ma perché gli artisti dovrebbero<br />

abbellire le cose? Perché non dovrebbero mostrare ciò che è brutto<br />

come brutto? E quale utilità avrebbe una operazione del genere se alla<br />

fine l’arte fosse vista come bella?<br />

La bellezza è sempre facile da vedere, non richiede allenamento per<br />

essere percepita più <strong>di</strong> quanto ne richieda la percezione del rosso e del<br />

verde. I filosofi sono stati <strong>di</strong>sinvolti nel respingere quei giu<strong>di</strong>zi che considerano<br />

bello qualcosa come meramente soggettivi e slegati dalla realtà.<br />

I positivisti logici in via del tutto generica sottoscrivevano una teoria<br />

emotivista [emotivist theory] del significato che comprendeva anche i<br />

termini estetici e quelli morali e che spiegava come tali termini fossero<br />

privi <strong>di</strong> un significato descrittivo e avessero l’unica funzione <strong>di</strong> esprimere<br />

sentimenti <strong>di</strong> piacere. Per loro <strong>di</strong>re che qualcosa è bello quin<strong>di</strong><br />

sarebbe un po’ come fischiare in segno <strong>di</strong> approvazione in presenza <strong>di</strong><br />

qualcosa. Questo approccio non cattura l’effetto <strong>di</strong> consolazione del<br />

quale i critici <strong>di</strong> Fry lamentavano la mancanza nelle sue mostre. «Ora<br />

molte enunciazioni linguistiche sono analoghe al riso» ha scritto il filosofo<br />

positivista Rudolf Carnap nel suo Filosofia e sintassi logica del<br />

1935, «nel fatto <strong>di</strong> avere soltanto una funzione espressiva e non una<br />

funzione rappresentativa. Sono esempi <strong>di</strong> ciò grida come “Oh, Oh”, o,<br />

ad un livello più alto le composizioni liriche» 9 . Parole come “giusto”<br />

e “buono”, “brutto” e “cattivo” non hanno un riferimento oggettivo.<br />

Dieter Roth tuttavia sapeva perfettamente che cosa voleva fare nella<br />

sua arte e, sulla base delle caratteristiche principali delle sue opere, è<br />

<strong>di</strong>fficile credere che sia potuto accadere così spesso che la presenza<br />

invadente della bellezza lo abbia costretto a fermarsi. Si consideri il<br />

suo Tibidabo del 1978, che consiste <strong>di</strong> 24 ore ininterrotte dell’abbaiare<br />

<strong>di</strong> un cane. Mi è capitato <strong>di</strong> ascoltarlo al MACBA <strong>di</strong> Barcellona, in<br />

una galleria che presentava le sue opere, e la mia opinione è che la<br />

nostra risposta all’opera sia esattamente uguale a quella che daremmo<br />

nella vita reale a un abbaiare ininterrotto: dà sui nervi, dà fasti<strong>di</strong>o.<br />

Quello che invece pensiamo non sia possibile è che qualcuno <strong>di</strong>ca: ho<br />

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