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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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zione, alla configurazione estetizzata dell’esistente, come la verità si<br />

oppone all’apparenza. E anche come la <strong>di</strong>fferenziazione, la capacità<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione, si oppone all’in<strong>di</strong>fferenziazione, a ciò<br />

che è globalmente omogeneo.<br />

Ciò che si avverte in maniera sempre più marcata nell’arte <strong>di</strong> oggi è<br />

un’esperienza dal doppio significato. Da un lato, l’arte ha perso in maniera<br />

irreversibile la posizione predominante, gerarchica, nell’universo<br />

della rappresentazione sensibile che aveva occupato dal Rinascimento<br />

fino alla fine del <strong>di</strong>ciannovesimo secolo. Dall’altro, il suo posto nell’attuale<br />

universo osmotico e transitivo della rappresentazione è quello<br />

<strong>di</strong> una intercomunicazione circolare, <strong>di</strong> appropriazione e <strong>di</strong>stinzione,<br />

rispetto all’imme<strong>di</strong>atezza estetica, a un mero utilizzo pratico o comunicativo<br />

dell’immagine.<br />

Le conseguenze <strong>di</strong> ciò sono non solo, come si è potuto percepire<br />

nello sviluppo dell’avanguar<strong>di</strong>a classica, la trasgressione dei limiti semiotici<br />

dei generi classici. Nelle arti plastiche: <strong>di</strong>segno, pittura, scultura…<br />

Ma qualcosa che va molto oltre: l’inserimento dell’arte, delle <strong>di</strong>verse<br />

pratiche artistiche, attraverso un processo <strong>di</strong> meticciato, <strong>di</strong> ibridazione,<br />

in un continuo globale della rappresentazione, dell’immagine, del quale<br />

in un certo senso fanno parte.<br />

Tuttavia nel far parte <strong>di</strong> quel continuum della rappresentazione,<br />

la maniera <strong>di</strong> farlo specifica delle <strong>di</strong>verse arti è quello della singolarizzazione:<br />

l’opera d’arte ha, ai giorni nostri, principalmente un carattere<br />

<strong>di</strong> rottura, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione nella catena in<strong>di</strong>stinta dei segni che<br />

costituisce l’universo culturale delle società <strong>di</strong> massa. Nei confronti<br />

della globalizzazione comunicativa, l’arte isola, taglia, detiene, rallenta,<br />

accelera, inverte e sovverte… In definitiva <strong>di</strong>fferenzia l’immagine, stabilendo<br />

così un modello <strong>di</strong> autonomia <strong>di</strong> significati che le permettono <strong>di</strong><br />

continuare a essere poiesis, produzione <strong>di</strong> conoscenza e piacere, messa<br />

in scena della verità e dell’emozione attraverso la sintesi del sensibile<br />

e del concetto. Queste intense, profonde trasformazioni, non devono<br />

destare scandalo. Le arti vivono e muoiono, i loro confini sono cangianti,<br />

come lo sono anche le funzioni e il luogo che occupano in un<br />

ambito specifico della cultura.<br />

Le cangianti <strong>di</strong>visioni tra i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> arte, o tra arti “minori”<br />

e “maggiori”, delle quali potremmo offrire svariati esempi nella storia<br />

della nostra cultura, sono, in fondo, arbitrarie e sono soggette a un<br />

processo <strong>di</strong> trasformazione continuo, per altro simile a quello che si<br />

sperimenta nella vita e nelle culture umane in generale. Arbitrarie: nel<br />

senso <strong>di</strong> un’arbitrarietà che straripa, nel suo piano più profondo, dal<br />

proprio universo <strong>di</strong> rappresentazione, dall’immagine che forma la sua<br />

ra<strong>di</strong>ce comune.<br />

Questo punto è decisivo. Dal momento che sarebbe proprio l’arbitrarietà<br />

dell’immagine, il suo carattere convenzionale, a costituire il<br />

nesso tra i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> mimesis, tra le <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline artistiche,<br />

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