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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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produzione dell’immagine hanno determinato la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un chiaro<br />

criterio mimetico visuale per la strutturazione del progresso dell’arte.<br />

E il conseguente fallimento dell’arte nel trovare un chiaro senso <strong>di</strong><br />

progresso o in termini <strong>di</strong> espressione, o in termini <strong>di</strong> ulteriore avanzamento<br />

filosofico, hanno lasciato l’arte senza alcuna effettiva nozione<br />

o <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> progresso. Ma senza tale nozione non possiamo più<br />

parlare sensatamente <strong>di</strong> uno sviluppo progressivo dell’arte verso un<br />

sua meta predelineata. Pertanto dobbiamo ritenere che l’arte abbia<br />

raggiunto una sorta <strong>di</strong> fine, sebbene una fine che non implica la sua<br />

scomparsa 3 .<br />

Poiché queste narrazioni della fine sono ormai estremamente familiari,<br />

vorrei delineare un altro argomento filosofico relativo alla fine<br />

dell’arte. Non perché esso mi convinca più degli altri, ma perché stabilisce<br />

in maniera più netta la base polemica <strong>di</strong> una parte rilevante della<br />

mia ricerca – ricercare i germi <strong>di</strong> un rinnovamento estetico tra i resti<br />

del presunto esaurimento conclusivo dell’arte.<br />

Questo recente argomento si basa sul collegamento della fine dell’arte<br />

(e sul suo inizio) con la fine della modernità. L’arte, si sostiene, non<br />

è né un fenomeno naturale né un fenomeno universale, ma al contrario<br />

un’istituzione storico-sociale particolare. Sebbene le attività della pittura,<br />

della scultura, della poesia, della musica e del teatro abbiano prosperato<br />

nelle antiche culture greca e romana (e in quelle non-occidentali), il<br />

concetto <strong>di</strong> arte che permea sia il nostro pensiero sia la nostra esperienza<br />

estetica è in realtà solo un prodotto moderno. Forgiato dapprima<br />

nel xviii secolo, il nostro concetto <strong>di</strong> arte in quanto essenzialmente<br />

arte bella è <strong>di</strong>ventato via via più forte con il progressivo progetto della<br />

modernità nel xix e nel xx secolo, favorito dalla generale tendenza<br />

modernizzante verso quello sviluppo specialistico ottenuto conferendo<br />

autonomia a compartimenti isolati che è stato descritto in maniera<br />

molto convincente da Max Weber. L’arte <strong>di</strong>venta in tal caso una sfera,<br />

o un’istituzione, culturale autonoma specialistica, dotata <strong>di</strong> suoi propri<br />

obiettivi, <strong>di</strong> suoi propri esperti e <strong>di</strong> una sua propria logica.<br />

Questo argomento relativo alla fine dell’arte fa riferimento al recente<br />

passaggio alla postmodernità. Se si è compiuta la svolta postmoderna,<br />

come suggerirebbe la messa in dubbio delle nozioni moderniste<br />

dell’autonomia e del progresso dell’arte, allora l’arte, essendo essenzialmente<br />

un prodotto storico della modernità, giungerebbe alla propria<br />

fine con la fine della modernità, dal momento che la modernità ne costituiva<br />

la base e la struttura generativa. I tormenti e gli spasimi <strong>di</strong> tale<br />

fine sono testimoniati dalla serie <strong>di</strong> crisi che segnano la recente storia<br />

dell’arte e dalla sua crescente per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> potere, fiducia e <strong>di</strong>rezione.<br />

Ritengo questo argomento particolarmente preoccupante, poiché<br />

suggerisce una fine parallela per l’intero dominio estetico. Filosofi tanto<br />

<strong>di</strong>versi come Jürgen Habermas e Richard Wollheim affermano che<br />

l’esperienza estetica, come la stessa arte, sia semplicemente un concetto<br />

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