Dopo l'Estetica - Università di Palermo
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delle qualità sensibili (che infatti potrebbero in<strong>di</strong>stinguerle dagli oggetti<br />
comuni), l’afferenza a una libera riflessione sul rappresentare 17 . In<br />
tal modo, scrive Danto, «la definizione dell’arte è <strong>di</strong>ventata parte della<br />
natura dell’arte in maniera molto esplicita» 18 , aggiungendo più avanti,<br />
in sede <strong>di</strong> bilancio conclusivo, che le opere d’arte «incorporerebbero<br />
al loro interno sottili nuclei <strong>di</strong> autoreferenzialità» per cui «non sarebbe<br />
accidentale, dunque, che le opere d’arte siano tali sempre grazie al<br />
fatto che sono a proposito dell’arte e dunque a proposito <strong>di</strong> se stesse<br />
– e, come ho sostenuto, richiedano per esistere il concetto <strong>di</strong> arte» 19 .<br />
Ho insistito molto (per i motivi che si chiariranno in seguito) sull’intima<br />
componente riflessiva che è necessario valorizzare al fine <strong>di</strong> render<br />
conto, in modo sintetico ma esaustivo, degli argomenti <strong>di</strong> Danto.<br />
L’autore stesso, del resto, se ne <strong>di</strong>mostra consapevole quando riscontra<br />
una rilevante convergenza tra le sue tesi e quelle enunciate da Hegel<br />
a proposito del destino dell’arte moderna (quella “romantica”, successiva<br />
alla comparsa della religione autocosciente in quanto figura dello<br />
spirito assoluto). La <strong>di</strong>fferenza rispetto a Hegel, tuttavia, è significativamente<br />
rilevabile in un incremento del tenore intellettuale della filosofia<br />
dell’arte <strong>di</strong> Danto (e dunque in un’ulteriore penalizzazione del momento<br />
estetico-sensibile), il quale arriva a prospettare un’interpretazione<br />
del concetto <strong>di</strong> filosofia dell’arte nel senso <strong>di</strong> un genitivo soggettivo.<br />
L’arte, insomma, non sarebbe ormai che filosofia <strong>di</strong> se stessa. Essa si<br />
sarebbe «evoluta in modo tale che la questione filosofica relativa al suo<br />
statuto [è] <strong>di</strong>ventata quasi l’essenza dell’arte stessa, cosicché la filosofia<br />
dell’arte, invece <strong>di</strong> restare al <strong>di</strong> fuori del proprio oggetto e <strong>di</strong> rivolgersi<br />
ad esso da una prospettiva estranea ed esterna, si è trasformata nell’articolazione<br />
delle energie interne del proprio oggetto». Cosicché: «L’arte<br />
esemplifica virtualmente la lezione <strong>di</strong> Hegel secondo cui lo spirito è<br />
destinato a <strong>di</strong>ventare coscienza <strong>di</strong> se stesso. L’arte ha messo nuovamente<br />
in atto questo corso speculativo della storia in quanto si è trasformata<br />
in coscienza <strong>di</strong> se essendo, tale coscienza dell’arte, arte riflessiva, paragonabile<br />
alla filosofia, che come filosofia è coscienza della filosofia» 20 .<br />
Per concludere: le qualità estetiche dell’opera non solo non sono<br />
pertinenti per la formazione della “coscienza artistica” necessaria per<br />
muoversi senza equivoci nel “mondo dell’arte”, ma sarebbero ad<strong>di</strong>rittura<br />
fallaci e fuorvianti se pretendessero <strong>di</strong> entrare nella definizione<br />
filosofica dell’arte che è parte essenziale <strong>di</strong> quella “coscienza”, come<br />
lo è dello statuto ontologico dell’arte stessa. Anche in questo caso,<br />
dunque, l’estetica sarebbe definitivamente messa in mora se essa fosse,<br />
come Danto mostra <strong>di</strong> ritenere, nient’altro che una dottrina filosofica<br />
relativa al giu<strong>di</strong>zio sulle qualità sensibili delle opere d’arte. Opinione<br />
doppiamente <strong>di</strong>scutibile, questa, se è vero, come ho già accennato, che<br />
estetica e filosofia dell’arte non sono – storicamente e teoricamente – la<br />
stessa cosa, e se fosse vero – e non lo è, come Danto per primo dovrebbe<br />
sapere – che esisterebbero delle “qualità sensibili” <strong>di</strong>ssociabili<br />
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