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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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Narrazioni conclusive e nuove energie<br />

<strong>di</strong> Richard Shusterman *<br />

1. A <strong>di</strong>eci anni dall’ingresso nel nuovo millennio l’estetica rimane<br />

mestamente dominata da assilli dovuti alle prefigurazioni della fine,<br />

ossia alle teorie che considerano l’attuale crisi <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità dell’arte<br />

non un collasso o una transizione temporanea, ma l’esito necessario,<br />

permanente, <strong>di</strong> principi profon<strong>di</strong> che governano la nostra cultura. Le<br />

teorie della fine dell’arte risalgono almeno a Hegel, che già nel xix secolo<br />

ha notoriamente sostenuto come l’arte avesse raggiunto una sorta<br />

<strong>di</strong> punto d’arrivo nella sua evoluzione. In quanto sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> formazione<br />

nell’evoluzione dello Spirito, l’arte avrebbe dovuto svilupparsi (ed<br />

eventualmente sfociare) nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> superiori <strong>di</strong> espressione<br />

spirituale meno vincolati all’incarnazione materiale. L’arte, per Hegel,<br />

ha finito <strong>di</strong> svolgere il proprio ruolo <strong>di</strong> apripista introducendo nel<br />

regno più trascendente della religione cristiana e – da ultimo – nella<br />

filosofia idealista, apice del progresso spirituale. Poiché «l’arte non<br />

arreca più quel sod<strong>di</strong>sfacimento dei bisogni spirituali» che un tempo<br />

l’ha resa una forma plasmatrice, Hegel la bolla come «un passato» 1 ,<br />

benché essa ancora si attar<strong>di</strong> confusamente nel presente.<br />

La successiva esplosione del progresso ottocentesco nell’arte e nella<br />

scienza naturale ha reso il racconto <strong>di</strong> Hegel meno stringente. Come<br />

la scienza ha scosso in misura crescente le convinzioni religiose, così<br />

lo spirito della filosofia è parso tristemente perdere peso a causa della<br />

polverosità della pedanteria accademica. L’arte è sopravvissuta nel xx<br />

secolo quale espressione dello spirito maggiormente incarnata in maniera<br />

attraente, libera sul piano creativo, tendente all’originalità. Essa<br />

è <strong>di</strong>ventata il principale punto <strong>di</strong> riferimento per la trascendenza spirituale<br />

in un mondo sempre più meccanico, un sostituto secolare più<br />

convincente della scre<strong>di</strong>tata fede religiosa, del materialismo scientifico<br />

privo <strong>di</strong> spirito e dell’astrazione filosofica priva <strong>di</strong> vita. Ma negli anni<br />

Trenta le narrazioni della fine dell’arte hanno cominciato a riemergere<br />

tra i filosofi post-hegeliani, assumendo forme piuttosto <strong>di</strong>fferenti e<br />

ricorrendo a <strong>di</strong>versi argomenti.<br />

Walter Benjamin elabora due <strong>di</strong> queste più recenti narrazioni escatologiche<br />

2 . Sorta dal potere del rituale magico e cultuale, l’arte ha<br />

mantenuto a lungo un’aura irresistibile dovuta all’unicità autoritaria<br />

delle sue opere, che era segno dell’originale tocco inimitabile del ge-<br />

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