Dopo l'Estetica - Università di Palermo
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la quale i <strong>di</strong>spositivi che limitano la libertà <strong>di</strong> chi agisce – dunque: un<br />
meno – generano, o possono generare, benefici altrimenti non conseguibili<br />
– dunque: un più. Tale vincolatezza prende rilievo nella misura<br />
in cui, secondo Elster, «l’artista non può esercitare le sue scelte in un<br />
campo <strong>di</strong> possibilità illimitate, se vuole che siano dotate <strong>di</strong> un significato»<br />
(UL, 8). I vincoli assurgono così a criteri <strong>di</strong> significanza, <strong>di</strong><br />
razionalità esplicativa. Essi determinano ciò che è esplicabile nell’opera<br />
d’arte: l’utile che si trae dal precommitment è, per così <strong>di</strong>re, gra<strong>di</strong>ente<br />
razionale dell’azione che si svolgerà. Inoltre, sostenendo al tempo<br />
stesso «sia che gli artisti hanno bisogno <strong>di</strong> vincoli, sia che la scelta <strong>di</strong><br />
questi vincoli è in larga misura arbitraria» (UL, 12), Elster chiarisce<br />
<strong>di</strong> ritenere la gestione dei vincoli, almeno nell’arte, prevalentemente<br />
soggettiva. Il precommitment si configura come un atto schiettamente<br />
intenzionale, se non nella sua genesi nel suo importo, consistendo almeno<br />
idealmente in una vera e propria deliberazione.<br />
L’analisi <strong>di</strong> Elster procede con un andamento marcatamente tassonomico,<br />
<strong>di</strong>stinguendo anzitutto due classi <strong>di</strong> vincoli (UL, 15-16).<br />
Una classe è quella dei vincoli incidentali. Essi costituiscono <strong>di</strong>spositivi<br />
<strong>di</strong> limitazione della libertà che vanno a vantaggio dell’agente limitato<br />
per loro tramite, ma che non vengono scelti da colui che agisce in<br />
considerazione <strong>di</strong> questi stessi vantaggi. È quel che capita quando le<br />
ragioni della scelta del vincolo da parte <strong>di</strong> colui che agisce sono state<br />
in<strong>di</strong>pendenti dai benefici che egli conseguirà; o quando a determinare<br />
i vincoli sono stati altri attori; o infine quando il vincolo risulta essere<br />
un dato <strong>di</strong> fatto <strong>di</strong> cui chi agisce non può che tener conto. In casi<br />
simili i vantaggi, conseguiti <strong>di</strong> fatto, non entrano nella spiegazione dei<br />
vincoli. L’azione che si compie in seguito all’adozione <strong>di</strong> un vincolo<br />
incidentale è mirata a obiettivi che sono <strong>di</strong>fferenti da quel che si deve<br />
propriamente a tale adozione.<br />
Vi sono però anche <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> limitazione della libertà che colui<br />
che agisce si autoimpone in vista dei benefici che intende raggiungere<br />
esattamente attraverso l’azione a cui si accinge. Si tratta dei vincoli che<br />
Elster chiama essenziali, e che vanno definiti nei termini dei benefici<br />
attesi. In tal caso gli effetti possiedono forza esplicativa nei confronti<br />
dei vincoli autoimposti che li promuovono, i quali non sarebbero<br />
comprensibili e neppure esisterebbero se si prescindesse da quel che<br />
si intende conseguire. La <strong>di</strong>stinzione tra vincoli incidentali e vincoli<br />
essenziali è allora tracciabile anche a partire da ciò che essi fruttano,<br />
ossia da un lato i “vantaggi effettivi” e, dall’altro, i “benefici attesi” 4 .<br />
Si potrebbe anche <strong>di</strong>re che ciò che si consegue sta in un qualche rapporto<br />
causale rispetto ai vincoli essenziali (è perché si vuole ottenere<br />
un certo beneficio che ci si assoggetta a un determinato vincolo “essenziale”),<br />
e invece in rapporto analitico rispetto ai vincoli incidentali<br />
(è con l’assoggettarsi a un determinato vincolo “incidentale” che si<br />
ottiene un certo risultato vantaggioso).<br />
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