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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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imparato a trovare la bellezza nell’abbaiare costante dei cani. Proprio<br />

per questa ragione non posso immaginare che Roth si sia fermato perché<br />

<strong>di</strong> fatto egli trovava bello l’abbaiare; siamo tutti simili quando si<br />

tratta dell’abbaiare dei cani, e Roth non può essere stato tanto <strong>di</strong>verso<br />

da tutti noi. L’argomento è semplice: nel momento stesso in cui egli<br />

lo avesse trovato bello, dati i suoi principi, sarebbe stato obbligato a<br />

smettere <strong>di</strong> farlo. E questo vale in generale per tutte le opere che Roth<br />

ha realizzato, con le quali ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> considerare belle le stesse<br />

cose che chiunque altro considera belle, però senza volere che queste<br />

facciano parte della sua arte.<br />

Roth era un membro del movimento Fluxus, che a volte si definiva<br />

anche Neo-Dada. Un importante obiettivo del manifesto del Fluxus<br />

era quello <strong>di</strong> «superare lo scarto tra arte e vita». Roth ha preso questo<br />

imperativo più seriamente <strong>di</strong> chiunque altro mettendo letteralmente la<br />

sua vita nell’arte, che infatti consiste <strong>di</strong> cose che facevano parte della sua<br />

vita quoti<strong>di</strong>ana: sostanze prese dal Lebenswelt – che non avevano mai<br />

avuto un posto nella storia dell’arte come il cioccolato, il formaggio o gli<br />

escrementi – <strong>di</strong>ventano materiali artistici. Queste sostanze non subiscono<br />

alcuna trasformazione quando <strong>di</strong>ventano arte: esse conservano, nella loro<br />

nuova veste <strong>di</strong> oggetti artistici, esattamente le stesse qualità estetiche che<br />

hanno nella vita. La mostra che ho visto delle opere <strong>di</strong> Roth a Barcellona<br />

si chiamava The Skin of the World [La pelle del mondo] e includeva<br />

delle <strong>di</strong>apositive <strong>di</strong> tutte le case a Reykjavik, in Islanda, in cui l’artista<br />

aveva vissuto – 36 000 <strong>di</strong>apositive stipate in 400 giostre rotanti. Non ci<br />

troviamo <strong>di</strong> fronte a un tentativo <strong>di</strong> abbellimento <strong>di</strong> ciò che è mostrato:<br />

le case <strong>di</strong> Reykjavik sono proprio così. Roth ha tolto il pavimento dalla<br />

sua postazione <strong>di</strong> lavoro e l’ha trasformata in una installazione. La sua<br />

opera incorpora l’estetica della vita <strong>di</strong> tutti i giorni in quanto vissuta,<br />

non bella, non brutta, ma semplicemente così com’è. Kant aveva uno<br />

schema tripartito: il bello, il brutto e l’or<strong>di</strong>nario. L’or<strong>di</strong>nario è ciò che<br />

Duchamp aveva in mente quando parlava <strong>di</strong> “anestetico”. Non abbiamo<br />

uno specifico vocabolario estetico per la maggior parte delle opere <strong>di</strong><br />

Roth, ma questo non significa che non siano estetiche. Il vocabolario<br />

degli adolescenti americani ci ha offerto il termine “grunge”. Grunge<br />

veniva usato perlopiù in stile Dada, per creare uno scarto tra quelli che<br />

lo usavano e le figure dell’autorità – i genitori, gli insegnanti, tutto il<br />

mondo degli adulti. Grunge si avvicina all’estetica <strong>di</strong> Dieter Roth.<br />

In Una giustificazione per le scuse – l’articolo in cui il filosofo <strong>di</strong><br />

Oxford J. L. Austin articola il suo programma relativo a ciò che egli<br />

considera la “ricerca sul campo” in filosofia del linguaggio – si legge:<br />

«Quanto sarebbe auspicabile che un lavoro sul campo <strong>di</strong> questo genere<br />

fosse intrapreso presto anche, per esempio, in estetica: se solo potessimo<br />

<strong>di</strong>menticare per un momento il bello e scendere invece al delicato<br />

e al malinconico» 10 . Nel mettere tra parentesi il bello sostituendolo<br />

con il delicato [dainty] e il malinconico [dumpy], Austin stava chiara-<br />

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