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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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l’evento emerga in un mondo nuovo, affrancato da costrizioni utilitaristiche<br />

e già contiguo all’eternità. Parallelamente, il soggetto si affranca<br />

dal suo io e dai suoi legami immaginarî e, in questo ritrarsi, prende<br />

consapevolezza <strong>di</strong> un intenso desiderio <strong>di</strong> presenza – <strong>di</strong> una presenza<br />

che si fa sperimentare come una cosa evidente e tuttavia inattingibile.<br />

Tra il sentimento e la sua formulazione, tra l’evento e la sua costruzione<br />

poetica si genera qualcosa nell’unione effimera <strong>di</strong> uno stato del<br />

mondo e <strong>di</strong> un significante.<br />

In momenti come questo – e grazie all’atto estetico – si coglie il<br />

senso dell’idea nietzschiana secondo cui il mondo si giustifica solo<br />

come fenomeno estetico. Il mondo non si giustifica infatti come una<br />

vana apparenza o come uno scenario senza conseguenze. Si giustifica<br />

come un fenomeno pensato (nel senso <strong>di</strong> un incontro e insieme <strong>di</strong> una<br />

ricostruzione) che, stringendo gli uomini tra loro, li stringe a sé.<br />

Le “reti viarie” dell’estetica<br />

In conclusione, vorrei sostenere tre tesi. Per mantenere il carattere<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina esigente e rigorosa, mi sembra che l’estetica debba rispondere<br />

a tre requisiti: <strong>di</strong>mostrare l’efficienza delle sue teorie applicandosi<br />

ad atti concreti, tenere conto <strong>di</strong> vicende storiche <strong>di</strong>verse e svilupparsi<br />

attraverso una molteplice rete <strong>di</strong> connessioni.<br />

1. L’atto estetico è necessario perché noi dobbiamo “interagire”<br />

col mondo, senza limitarci a “rappresentarlo”. Il mondo non è soltanto<br />

un’immagine o un insieme <strong>di</strong> immagini: il mondo si spinge oltre i bor<strong>di</strong><br />

e le cornici, ci avvolge e ci penetra senza allentare la presa. Diviso<br />

tra il visibile e l’invisibile, tra l’u<strong>di</strong>bile e l’inu<strong>di</strong>bile (o l’inau<strong>di</strong>to), il<br />

mondo è una vibrazione permanente <strong>di</strong> tutti i sensi. È un principio<br />

<strong>di</strong> metamorfosi. Nell’atto estetico, noi vogliamo essere doppî: ci immergiamo<br />

nel mondo e ce ne ritraiamo attraverso la rappresentazione.<br />

In un’alternanza <strong>di</strong> sistole e <strong>di</strong>astole, siamo cavie e sperimentatori.<br />

Dobbiamo contare sulla sorpresa e sulla provocazione che il mondo<br />

ci lancia. Certo, può sempre prodursi un trauma: ma non è detto che<br />

gli esiti siano negativi. Il trauma può anche rivelarsi positivo, stimolante,<br />

euristico. Di fronte a sfide così <strong>di</strong>verse e aleatorie, l’atto estetico<br />

avrà successo se, qui e ora, riuscirà ad ancorare al mondo concreto e<br />

particolare della vita il mondo astratto e generale della pura rappresentazione.<br />

2. Diversamente da quanto accade nelle scienze fisiche, la cui vicenda<br />

storica può suscitare un interesse anche modesto, la storia dell’estetica<br />

non è l’oggetto <strong>di</strong> una semplice curiosità ma istituisce la stessa<br />

serietà dell’estetica. A <strong>di</strong>mostrarlo basterebbero i problemi che l’estetica<br />

“scientifica” (quella propria della modernità) deve fronteggiare quando<br />

tenta <strong>di</strong> stabilire i valori suoi proprî.<br />

3. Orbene: è impossibile separare il destino dell’estetica da quello<br />

delle altre scienze, il cui sviluppo si crea non già movendo da un<br />

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