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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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far uso <strong>di</strong> mere immagini poetiche» 4 . Che sia chiaro: non si tratta <strong>di</strong><br />

negare la poesia ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziarla dalla filosofia. Mentre quest’ultima<br />

deve evitare la metafora, nella poesia «ciò che conta sopra ogni cosa»<br />

è il suo dominio, visto che, come in<strong>di</strong>ca Aristotele tale dominio è una<br />

«capacità che non si può assumere da un altro, ma è segno <strong>di</strong> buona<br />

natura. Infatti, il fare buone metafore è vedere ciò che è simile» 5 .<br />

Tuttavia non v’è dubbio alcuno che possiamo rilevare nella concezione<br />

aristotelica della poesia la mancanza <strong>di</strong> coscienza del tuffo poetico<br />

nell’immagine, un’insufficiente penetrazione nella <strong>di</strong>scontinui-tà del<br />

linguaggio poetico. A ciò fa riferimento Josè Lezama Lima: «La poesia,<br />

così come sembra situata nel mondo aristotelico, cercava soltanto una<br />

zona omogenea, paritaria, nella quale fossero possibili e acquisissero<br />

senso le sostituzioni» 6 .<br />

La metafora e la poesia vanno molto oltre la capacità <strong>di</strong> “percepire<br />

la somiglianza”. Esse costituiscono il percorso che seguiamo per riuscire<br />

a percepire “lo stesso” nell’incessante <strong>di</strong>versità, ma anche salto<br />

verso l’immagine: «Proviene da questo <strong>di</strong>scorso poetico che assomiglia<br />

a quello del pesce nella corrente, dal momento che ognuna delle <strong>di</strong>fferenziazioni<br />

metaforiche si tuffa proprio mentre raggiunge l’identità<br />

nella <strong>di</strong>fferenza, verso il desiderio finale dell’immagine» 7 .<br />

In quel salto verso l’immagine la poesia fa straripare ciò che effettivamente<br />

esiste per visualizzare il possibile, il virtuale. E questo è<br />

creare: dare vita a un mondo a partire dai materiali sensibili, andare<br />

oltre, più a fondo. Esperienza, allo stesso tempo, del limite e della<br />

metamorfosi. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un decentramento che, a partire dalla<br />

limitatezza corporale, materiale <strong>di</strong> ciò che è vivo, cresce in un processo<br />

metamorfico, in una trasmutazione del sensibile che sopravviene al<br />

battito, al flusso incessante della parola.<br />

“Alchimia del verbo”: aprendo la stagione infernale della poesia<br />

moderna, Arthur Rimbaud ci offre un’espressione che ben restituisce<br />

quella trasmutazione del sensibile. L’alchimia era un percorso <strong>di</strong> corrispondenze,<br />

un crocevia <strong>di</strong> sentieri tra la materialità del mondo e la<br />

vita dello spirito. La trasmutazione dei minerali, la ricerca della “pietra<br />

filosofale”, custo<strong>di</strong>va un’eco, uno sdoppiamento della metamorfosi:<br />

l’anima purificata celebra le proprie nozze con la materialità sublimata.<br />

A noi, orfani <strong>di</strong> spirito, erranti come Rimbaud nell’inferno della<br />

modernità resta l’alchimia della parola: «Con ritmi istintivi, mi lusingai<br />

d’inventare un verbo poetico accessibile, un giorno o l’altro, a tutti i<br />

sensi» 8 . È il linguaggio delle immagini eternamente libere, la strada<br />

verso la “semplice allucinazione”, grazie alla quale siamo capaci <strong>di</strong><br />

vedere l’uno o l’altro in ogni cosa.<br />

Potremmo aprire adeguatamente la riflessione estetica e il lavoro<br />

nella teoria delle arti alla problematica dell’immagine? Nel caso specifico<br />

della teoria della letteratura a <strong>di</strong>fferenza del predominio passato<br />

delle metodologie formaliste e strutturaliste, a partire dagli anni<br />

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