Dopo l'Estetica - Università di Palermo
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L’esperimento ha successo, e produce i seguenti significativi risultati.<br />
In primo luogo, i brivi<strong>di</strong> sono prodotti più facilmente quando<br />
la musica, ascoltata attraverso le cuffie, è a volume me<strong>di</strong>o, e quando<br />
i soggetti tengono gli occhi chiusi. In secondo luogo, i soggetti che<br />
hanno una certa familiarità con la musica in questione, ma che non<br />
sono dei musicisti professionisti, sono i più portati a ricevere i brivi<strong>di</strong><br />
dall’ascolto del passaggio musicale sopra in<strong>di</strong>cato. In terzo luogo, la<br />
regione del cervello che sembra essere più attiva quando i brivi<strong>di</strong> sono<br />
esperiti è la corteccia cingolata anteriore. Così, una volta risolti tutti<br />
questi interrogativi <strong>di</strong> natura pratica attraverso esperimenti attentamente<br />
progettati, che bisogno c’è dell’estetologo?<br />
La risposta è: un bel po’. Certo, le questioni empiriche circa il<br />
fenomeno dei brivi<strong>di</strong> musicali hanno avuto risposta, e queste risposte<br />
possono anche essere prese in considerazione nel corso delle riflessioni<br />
inerenti il fenomeno in questione. Ma ci sono ancora molte questioni<br />
propriamente estetiche − vale a <strong>di</strong>re, filosofiche − sia <strong>di</strong> carattere concettuale<br />
che normativo, alle quali non si può ovviare rispondendo a<br />
tutte le domande empiriche che ci si potrebbe porre relativamente alle<br />
cause dei brivi<strong>di</strong> musicali e alle con<strong>di</strong>zioni sotto le quali questi occorrono.<br />
Per esempio, quali contenuti vengono chiamati in causa quando<br />
si prova almeno un certo tipo <strong>di</strong> brivi<strong>di</strong> musicali, e quali concetti si<br />
portano <strong>di</strong>etro tali contenuti? Perché, nello specifico, proviamo piacere<br />
per la maggior parte dei brivi<strong>di</strong> musicali, quando brivi<strong>di</strong> <strong>di</strong> altro<br />
tipo, come quelli prodotti da un improvviso spavento o da un calo<br />
nella temperatura dell’ambiente che ci circonda, sono invece avvertiti<br />
come sgradevoli? La musica acquista valore per il fatto <strong>di</strong> procurare<br />
esperienze <strong>di</strong> questo tipo, e se sì, perché? E si può, più in generale,<br />
stabilire un collegamento tra la capacità che alcune musiche hanno <strong>di</strong><br />
procurare brivi<strong>di</strong> negli ascoltatori e il loro valore musicale 2 ?<br />
III – Secondo scenario. Edgar il critico d’arte professionista.<br />
<strong>Dopo</strong> molti anni <strong>di</strong> lavoro come critico professionista nel campo<br />
della pittura e della scultura − dopo esser passato quin<strong>di</strong> per centinaia<br />
<strong>di</strong> mostre, inaugurazioni, cocktail, e visite negli stu<strong>di</strong> degli artisti, per<br />
non parlare delle innumerevoli recensioni scritte velocemente per il<br />
giornale del giorno dopo − Edgar ha iniziato a riflettere profondamente<br />
su cosa gli piace nell’arte, e sul perché gli piace. Gli pare dunque<br />
naturale formulare, a partire dai frutti delle sue me<strong>di</strong>tazioni, un credo<br />
estetico personale, e ricavare da esso dei criteri generali per stabilire<br />
cosa rende “buona” l’arte visiva.<br />
Edgar raggiunse la maggiore età nel periodo d’oro dell’Espressionismo<br />
Astratto, e per lui i più gran<strong>di</strong> artisti del xx secolo, e forse <strong>di</strong><br />
ogni secolo, sono Pollock, Rothko, Motherwell, Kline e De Kooning.<br />
L’arte dei “Maestri del Passato”, da Brueghel a Bellotto, da Donatello<br />
a David, da Raffaello a Rubens, sembra quin<strong>di</strong> a lui del tutto superata,<br />
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