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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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La figura cui l’attore estetico mi sembra maggiormente assimilabile<br />

è quella dell’ästhetische Zuschauer, descritta nella Nascita della trage<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Friedrich Nietzsche. Ma ho impiegato un certo tempo a rendermene<br />

conto, perché questa formula viene curiosamente tradotta in francese<br />

con «spectateur artiste» o con «au<strong>di</strong>teur artiste» (e in italiano con<br />

«ascoltatore estetico»). È certo <strong>di</strong>fficile tradurre il termine Zuschauer:<br />

«spettatore» non è sufficiente. La traduzione che propongo – «testimone»<br />

o anche «attore» – è un po’ forzata ma rende conto dell’orientamento<br />

attivo dello sguardo. Avvertendo un pleonasmo nello “spettatore<br />

estetico”, i traduttori francesi hanno reso l’aggettivo ästhetische con<br />

«artiste». Una siffatta confusione dell’estetico con l’artistico mi sembra<br />

davvero deplorevole, perché porta a svuotare l’idea, così importante, <strong>di</strong><br />

un attore propriamente estetico. Il lavoro dello spettatore (se si vuole<br />

mantenere questo termine) è un lavoro estetico a pieno titolo.<br />

Il fermento: cognizione, ispirazione, seduzione<br />

In<strong>di</strong>cherei il secondo tempo dell’atto estetico come il tempo del<br />

“fermento” – denominatore comune agli effetti che vi si producono.<br />

Si tratta comunque <strong>di</strong> effetti eterogenei e, insieme, instabili. Ho cercato<br />

<strong>di</strong> ricondurli a tre tipi completamente <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> potere estetico,<br />

benché talvolta essi si congiungano e soprattutto si succedano, come<br />

se l’uno rinunciasse all’altro. Talvolta, un’armonia felice e concertata<br />

ci getta in un’ammirazione che si prolunga e cresce, trovando senza<br />

tregua nuove motivazioni. Talaltra volta, la forza del pensiero s’impadronisce<br />

<strong>di</strong> noi e ci ispira, generando nuove esigenze e quasi accendendo<br />

in noi continui lampi <strong>di</strong> genio. Talaltra volta ancora, la dolcezza<br />

delle attrattive ci cattura e ci seduce: ci spinge ad appropriarcene e<br />

risveglia il nostro amore. In tutti questi tre casi, abbiamo l’impressione<br />

che le cause delle nostre sofferenze si ritraggano. Credere al bello è<br />

<strong>di</strong>menticare, per un momento, ogni deformità. Credere al sublime è<br />

convincersi che la me<strong>di</strong>ocrità possa in<strong>di</strong>etreggiare. Credere alla grazia<br />

è, infine, pensare che la violenza non trionferà completamente.<br />

L’ispirazione estetica ha <strong>di</strong>verse forme. Cognitiva nel bello, persuasiva<br />

nella grazia, l’ispirazione trova tutta la sua ampiezza euristica<br />

nel sublime. Così Longino può paragonare il modo in cui il sublime<br />

ci ispira alla forza con cui il soffio <strong>di</strong> Apollo vibra attraverso il corpo<br />

della Pizia e si traduce in parole (13.2):<br />

Molti infatti sono <strong>di</strong>vinamente trasportati da un soffio estraneo, allo stesso modo<br />

in cui, secondo il racconto, la Pizia, stando vicina al tripode (là dove c’è una fen<strong>di</strong>tura<br />

nel terreno esalante, come <strong>di</strong>cono, un vapore <strong>di</strong>vino), resa perciò gravida<br />

dalla potenza d’un <strong>di</strong>o, sùbito, per quel soffio, pronuncia le sue profezie. Così<br />

dalla grandezza degli antichi, come da sacre sorgive, promanano alle anime <strong>di</strong><br />

quanti li emulano certi flussi: e, ispirandosene, anche coloro che non si entusiasmano<br />

eccessivamente si esaltano della grandezza altrui 14 .<br />

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