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Dopo l'Estetica - Università di Palermo

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nosciuta anche col nome <strong>di</strong> periodo Edo, dal nome della città che nel<br />

1869 sarà ribattezzata col nome <strong>di</strong> To - kyo - . L’epoca Edo vide un grande<br />

sviluppo artistico ed estetico che si manifestò nella produzione <strong>di</strong> bellissime<br />

stampe note col nome <strong>di</strong> Ukiyo-e, nonché dalla <strong>di</strong>ffusione nella<br />

popolazione <strong>di</strong> una sensibilità estetica <strong>di</strong> estremamente raffinata, le cui<br />

remote origini risalivano all’epoca Heian (794-1185), antico nome <strong>di</strong><br />

Kyo - to. Queste brevi notizie storiche preliminari sono necessarie per<br />

comprendere che in Giappone l’estetica, intesa come apprezzamento<br />

del bello naturale e dell’eccellenza artigianale, ha <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé una<br />

storia millenaria: agli inizi del secondo millennio, quando l’Europa,<br />

stentava ad uscire dalla barbarie, a Heian fioriva una cultura estetica e<br />

rituale <strong>di</strong> altissimo livello. È ovvio che molti euro-americani nel corso<br />

degli ultimi tre secoli del secondo Millennio ne siano stati sedotti.<br />

Tuttavia questo infatuazione è proprio quell’atteggiamento che Edward<br />

W. Said chiama Orientalismo. Si ammira e ci si identifica proprio con<br />

quegli aspetti estetici che impe<strong>di</strong>scono al Giappone <strong>di</strong> riuscire a tenere<br />

testa alla colonizzazione occidentale e allo sfruttamento economico!<br />

Il genio degli autori del rinnovamento Meiji è <strong>di</strong> avere capito che,<br />

senza l’abolizione del sistema feudale e un’approfon<strong>di</strong>ta conoscenza<br />

dell’Occidente, inspirata dal principio <strong>di</strong> incorporarne le cose buone<br />

e rigettarne le cose cattive, il Giappone non avrebbe potuto resistere<br />

all’imperialismo coloniale in cui era caduta quasi tutta l’Asia. Nasce<br />

così la famosa missione <strong>di</strong>plomatica Iwakura (1871-73), composta da<br />

influenti uomini <strong>di</strong> governo, alti <strong>di</strong>plomatici e rappresentanti delle più<br />

varie <strong>di</strong>scipline e specialità col fine principale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are i sistemi politici,<br />

amministrativi, educativi, industriali delle potenze occidentali; la<br />

missione, formata da centosette persone, durò un anno e <strong>di</strong>eci mesi e<br />

visitò do<strong>di</strong>ci paesi, cercando <strong>di</strong> assimilare e fare proprio quanto poteva<br />

essere utile per modernizzare il Giappone. Tra le cose buone venne<br />

compresa anche l’estetica occidentale: l’imperatore stesso prese lezioni<br />

<strong>di</strong> estetica occidentale da Nishi Amane (1829-1897), il quale aveva trascorso<br />

alcuni anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in Olanda e tradotto il ternine “estetica”<br />

con il temine giapponese zenbigaku, che letteralmente vuol <strong>di</strong>re “scienza<br />

del buono e della bellezza” 9 .<br />

È solo alcuni anni dopo che compare sulla scena il pensatore Okakura<br />

Kakuzo - (1862-1913), autore <strong>di</strong> un piccolo libro, che sarà presto<br />

tradotto in inglese, nel quale la cultura estetica giapponese afferma la<br />

propria in<strong>di</strong>pendenza rispetto all’Occidente, Il libro del tè 10 . Questa<br />

bevanda, proveniente dalla Cina, nel xv secolo <strong>di</strong>venne in Giappone<br />

l’oggetto <strong>di</strong> un vero e proprio culto, tradotto in inglese con Teaism,<br />

fondato sull’adorazione del bello in contrapposizione alla miserie della<br />

vita. L’idea fondamentale <strong>di</strong> questo culto consiste nella consapevolezza<br />

che anche in un mondo ignorante e iniquo come quello in cui viviamo,<br />

è possibile realizzare qualcosa <strong>di</strong> valore, per quanto contingente<br />

e impermanente. In Giappone l’estetica si trova subito alleata con la<br />

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